Dopo due anni di indagini, l’hanno ribattezzato l’avamposto della vergogna. Il distaccamento di polizia municipale Varcaturo-Lago Patria-Casacelle doveva essere un fortino sempre pronto a bloccare l’asfissiante abusivismo edilizio che da anni scempia l’area compresa tra Giugliano e il litorale di Licola. Due anni di intercettazioni ambientali, microspie piazzate nelle auto giuste e su diverse utenze di cellulari raccontano un’altra storia. Fatta di corruzioni e complicità, assuefazioni diffuse al «regalino». Una nebbia oppressiva in grado di macchiare l’immagine del Corpo di polizia municipale di Giugliano: 23 vigili urbani in carcere, insieme con tre funzionari dell’ufficio tecnico comunale, undici imprenditori e due tecnici. In totale, 70 indagati. Su di loro, accusati di reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione, concussione, falso, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio, è puntata una corposa ordinanza di custodia cautelare di 1400 pagine, firmata dal gip Giuseppe Ciampa. Un’indagine complessa, che ha impegnato un pool investigativo di tre pm (Raffaella Capasso, Antonio D’Alessio e Paolo Itri), coordinati dagli aggiunti Federico Cafiero e Aldo De Chiara. Gli atti descrivono una realtà di «corruzione ambientale» allargata. Bastava pagare i vigili, per evitarne i controlli, ritardarne i sigilli, pilotare le pratiche di condono. E il cemento abusivo cresceva: case intere, mansardine, terreni da ripartire, strutture coloniche da trasformare in ville, aggiusti ad alberghi sul litorale. Tariffe tra i mille fino ai 5000 euro. Un costruttore, Franco Fontana, in un’intercettazione risulta aver pagato nel tempo un totale di ben 80mila euro di tangenti. E lamenta di aver comunque subito tre sequestri. Ma tutto sarebbe rimasto coperto, non ci sarebbero state quelle 600 pagine di intercettazioni, pesanti come macigni, se uno dei vigili, Gaetano Corso, non avesse perso la testa. Si presenta in casa di una donna, C. M., e le contesta una tettoia abusiva. Lei dice che è per evitare infiltrazioni d’acqua, ha in braccio la figlia di 40 giorni. Lui le chiede qualche attenzione sessuale, in cambio del suo silenzio sull’abuso. Una richiesta che si ripete, ossessiva. La donna abita proprio nella strada del Commissariato di polizia. Si consiglia con il marito. Denuncia. Gli agenti, d’intesa con la Procura, cominciano a piazzare le loro cimici. E le conversazioni, dall’ottobre 2004 fino all’estate del 2006 aprono squarci di fango. Conversazioni ripetitive, da corruzione quotidiana. Il vigile Gaetano Corso è arrogante, con C. M.: «Se non fate fare i lavori a mio figlio e a mio genero, vi perseguito e non vi faccio fare più niente», minaccia. Poi la perseguita con proposte oscene, anche a telefono. E la voce corre. Due vigili, Franco Cacciapuoti e Pietro Ferrillo ne parlano sull’auto di servizio. Commentano l’avviso di garanzia al loro collega: «Quello se la vuole fare per forza…Dice che questo Gaetano Corso voleva approfittare di lei, che ha fatto proposte di uscire con lei, di avere rapporti. Voglio ammettere farlo per soldi, ma a livello sessuale no». Un’ingenuità. È il pensiero di quasi tutti al comando del disonore. Dove i reati non vengono segnalati e dove si dà per scontato che ci siano «personaggi di rispetto» influenti sulla vita del paese. In una conversazione tra Fiorella Dell’Aquila, Giuseppe Arcieri e Franco Iovinella, si fanno valutazioni sulla differenza tra un favore fatto a personaggi vicini al clan camorristico dei Mallardo e quelli a persone non influenti. Dice Arcieri: «Devi parlare con Peppe Mallardo, cioè se ti viene Peppe Mallardo, allora… ma non questa munnezza». Gli imprenditori pagano, anticipano le richieste. Bernardo Di Falco, con il suo uomo di fiducia Domenico Di Maro, conosciuto al Comando come «o’ mostriciattolo», sono interessati al frazionamento di un terreno, o a realizzare case abusive a Varcaturo. In una registrazione, un interlocutore, Alfonso Valletta, parla di «casse di mele» da fare avere a qualcuno. Il costruttore Domenico Pelliccia viene definito dagli inquirenti «collettore di tangenti»: avrebbe oliato diversi funzionari dell’uffico tecnico comunale. Parlano altri tre vigili, che in auto si sentono sicuri, commentano gli investimenti possibili con i soldi delle tangenti. fanno accenno a un imprenditore, Giuseppe Piccolo, indagato, e scoprono che è consuocero del cantante neomelodico napoletano Carmelo Zappulla. Uno dice: «Tengo 33, 34mila euro sul conto corrente». E l’altro: «Io ho le azioni». Il terzo aggiunge: «Mi sono comprato quei due garages di mio cognato, con 33mila euro. Quando me li voglio vendere, guadagno qualcosa». Monotone, ripetitive. Conversazioni uguali: mille duemila, cinquemila euro. Una «mesata», 200 euro a settimana. Compensi per il verbale stracciato, la relazione protocollata e poi scomparsa, il sequestro evitato. È davvero la giornata più brutta per i vigili urbani di Giugliano.
GIGI DE FIORE
«Ricatti e avances poi voleva violentarmi»
di LEANDRO DEL GAUDIO
Ha provato a violentarla davanti alle bambine piccole, l’ha aggredita, per strappare con la forza quanto non era riuscito ad ottenere con il ricatto. Inizia così l’inchiesta che ha azzerato il corpo della polizia municipale di Giugliano, dalla denuncia di una donna, di una madre costretta a vivere sotto ricatto, a subire violenze fisiche e psicologiche in cambio di un verbale compiacente, buono a coprire un abuso edilizio. È la storia che vede finire sotto accusa Gaetano Corso, agente di polizia municipale. Per lui l’accusa di tentata concussione a sfondo sessuale e tentata violenza. Avrebbe chiesto favori sessuali per chiudere un occhio su lavori abusivi, per un verbale compiacente in materia edilizia. E ci avrebbe provato anche con una seconda donna. Una vicenda che va raccontata dalla fine, da quando cioé Concetta, la teste coraggio, capisce che l’unica possibilità che le rimane è denunciare: «Quando domenica scorsa ha nuovamente bussato al citofono insistentemente mi sono sentita persa e in balìa di questo losco personaggio, che oramai sembra capace di tutto. Ho preso le bambine e sono corsa qui da voi per dire tutto e chiedere il vostro intervento, però ho tanto paura e temo per l’incolumità mia e dei miei familiari». Tutta per una semplice tettoia in casa, per scongiurare inflitrazioni d’acqua al tetto. È quanto emerge dalle indagini degli aggiunti Federico Cafiero de Raho e Aldo De Chiara, dei pm Raffaella Capasso, Antonio D’Alessio e Paolo Itri. Lei, la teste coraggio, abita da quindici anni a Giugliano e quando si ritrova a tu per tu con le divise, si trova a competere con un sistema criminale – per ripetere le parole del gip Ciampa – che sembra consolidato da tempo. Il primo incontro con il presunto molestatore, la donna lo subisce quando aveva partorito da appena quaranta giorni. L’agente ci prova subito, prima con avances morbose, poi con un ordine perentorio, che sposta il ricatto dal sesso agli affari: «Se non fate fare i lavori a mio figlio e a mio genero, vi perseguito per un anno e non vi faccio fare più niente». Tanto che la donna accetta comunque di affidarsi ad un’impresa edile dei parenti del vigile. «Mi fu richiesta una somma di 4mila euro, mentre tutti quelli che avevo contattato mi avevano detto che erano sufficienti da 500 a mille euro». Ma non è finita qui. Dopo aver imposto l’azienda di famiglia, sono arrivate altre avances, addirittura dall’ufficio dell’agente di polizia, con richieste esplicite («perché non mi vieni a trovare?»). Scatta la denuncia contro un uomo losco, che fa paura anche dopo le manette.
Due anni fa la prima indagine
Giugliano. Lo scandalo portato alla luce dagli arresti di ieri ha un «precedente». Il giorno di San Valentino del 2006 scattarono le manette per cinque dipendenti comunali, tra cui il comandante e il vicecomandante dei vigili urbani e due impiegati dell’ufficio tecnico. L’accusa fu di corruzione. Tra gli arrestati anche un maresciallo dei carabinieri in servizio presso la compagnia di Giugliano. Per tutti, il processo è ancora in corso e i dipendenti del Comune sono stati reintegrati in servizio, anche se con mansioni diverse, pochi giorni dopo essere ritornati a piede libero. I fatti si sarebbero svolti tra il 1996 e l’ottobre del 2001. Al centro dell’indagine dei magistrati della Dda c’era la discoteca «La Villa» di Varcaturo, sul litorale di Giugliano, la cui gestione era riconducibile a persone legate al clan Nuvoletta. Secondo l’accusa, il locale sarebbe rimasto aperto per diversi anni senza licenze, sia sanitarie che amministrative, grazie alle connivenze di ufficiali pubblici. In cambio del loro silenzio, questi ultimi avrebbero ricevuto somme di danaro, l’assunzione nel locale di un parente, cellulari e personal computer. Nel corso delle indagini, inoltre era emersa la falsificazione delle ricevute di versamento degli oneri concessori relativi alla domanda di condono. Il maresciallo dei carabinieri era stato accusato di corruzione e istigazione alla corruzione. Secondo gli inquirenti avrebbe anche tentato, inutilmente, di indurre un suo collega a non far svolgere ispezioni nella discoteca.
to.li.
Mazzette dal costruttore legato ai Casalesi
Giugliano. Compaiono anche i casalesi, nell’inchiesta su corruzione e abusivismo nell’area giuglianese. Quattro vigili urbani vengono accusati di aver ricevuto mazzette da Aldo Nobis, imprenditore di San Cipriano d’Aversa. Ci sarebbe la sua ditta dietro tre manufatti abusivi da realizzare nel luglio del 2006. Il pentito Luigi Diana riferì che Nobis, detto «scintilla», aveva rapporti con il capoclan dei casalesi, Michele Zagaria, attualmente latitante. I tre vigili parlano con Nobis, lo rassicurano: «Se ti lamenti di noi, sei un uomo di merda, noi non ci siamo comportati male». E un altro: «Senti, a quel tuo amico lungo lungo gli portavi sempre la mozzarella e roba varia… noi non l’abbiamo mai avuta la mozzarella». Ma secondo gli inquirenti la fornitura del calcestruzzo in almeno un paio di cantieri dell’abusivismo sul litorale giuglianese sarebbe stata appannaggio del clan dei casalesi. Vengono citati gli imprenditori Mario D’Onofrio di Qualiano e Tommaso Raimondo di Grazzanise, indagati, definiti «referenti per la zona di Giugliano e del litorale della ditta di calcestruzzi facente capo alla famiglia Letizia i cui esponenti sarebbero legati al clan dei casalesi». In due casi, gli inquirenti hanno accertato che il calcestruzzo veniva fornito dalla «Sinuessa Beton» di Mondragone e dalla «Lavin» per il trasporto. Ma le 600 pagine di intercettazioni svelano altre curiosità. Sotto attenzione è l’hotel Miramare sulla Domiziana e i vigili si ostacolano tra loro, gelosi sulle possibili tangenti. Uno dice: «Niente per noi, niente per nessuno». Il dovere e l’obbligo di verifica di abusi viene confuso con la possibilità di guadagnare mazzette. Altri vigili presentano il conto a un negozio di giocattoli, il «Nap toys», mentre per dieci bungalows realizzati in area demaniale al lido «Onda del mare» in via Licola litigano ancora altri vigili. In un’altra vicenda, su un manufatto abusivo, si raggiunge l’intesa: nessun verbale di sequestro in cambio di cinquemila euro. Il vigile dice: «Per me non tengo problemi, ha detto che caccia cinque meloni». Già, meloni. Il tariffario era preciso e l’accordo coinvolgeva così tanti «colleghi», che al Comando esisteva una specie di «cassa comune», dove confluivano mazzette da dividere. Le mazzette che costituivano quello che veniva definito il «calderone» unico. In alcune conversazioni i vigili urbani sono preoccupati dell’avvio delle indagini. Hanno saputo di documenti sequestrati e dei primi avvisi di garanzia. Ma più pressanti sono i contrasti ricorrenti sulla divisione delle mazzette. C’è chi lamenta le richieste troppo esose del collega, che rovinano il «mercato»: «Io per un intonaco avevo chiesto tremila euro e questo qua…». Un altro parla di un collega che si era lamentato con un assessore, creando equivoci sui nomi dei coinvolti nell’inchiesta sulle corruzioni: «Io dico che cazzo sei venuto a dirlo a fare a quest’assessore…hanno fatto il nome mio, il comandante è un furbacchione, secondo me hanno fatto pure i commenti» Tra i 23 arrestati, gli inquirenti puntano il dito sul capitano Giuseppe Scafati Taglialatela e sull’agente Gaetano Corso. Li definiscono «tra gli indagati più corrotti dell’intero corpo di Polizia municipale».
g.d.f.
Giugliano: i commenti sullo scandalo della mazzette sull’abusivismo. Il comandante: realtà difficile
Giugliano. «Da questa mattina ci troviamo ad operare su 93 chilometri di territorio con un organico composto da soli 56 agenti. Questa è l’unica considerazione che posso fare», è il commento del comandante dei vigili urbani, Michele Pezzullo, sulla bufera che si è appena abbattuta sul corpo al cui vertice si è insediato da 18 mesi, e dopo 30 anni di servizio. «Il timore è che questo gravissimo episodio alimenti i pregiudizi di un territorio già estremamente complesso. Ai miei uomini stamattina ho chiesto di uscire tra la gente e di fare il proprio lavoro, ma ai cittadini voglio chiedere di rispettare l’onestà degli agenti in strada, che non è giusto vengano criminalizzati per appena 1100 euro al mese. Una cifra che non giustifica chi si è piegato alle pressioni della malavita, ma che certo deve far riflettere». L’organico striminzito di cui dispone il corpo dei caschi bianchi, proprio dall’insediamento del nuovo comandante, aveva subito un riassetto interno, andando anche a comporre una task force antiabusivismo, che in meno di un anno aveva visto impegnate tutte le forze dell’ordine in azioni di lotta agli abusi. Una forma di collaborazione preventiva con Guardia di Finanza, polizia e carabinieri, rispetto ad ipotesi di corruzione e con la quale, sembrava essere d’accordo anche il nuovo sindaco di Giugliano, Gianni Pianese che ad un mese dal suo insediamento, ha da poco riconfermato il dirigente della polizia municipale, riconoscendogli i meriti del lavoro svolto. Proprio il nuovo sindaco, usa toni duri. «È un fenomeno di dimensioni macroscopiche che mi lascia sbigottito – attacca Pianese – Sulla cronaca giudiziaria, attendiamo maggiori dettagli, ma è chiaro che occorrerà tempestivamente colmare il grave vuoto che si è venuto a creare. Avevo già dato mandato di scorrere un elenco di idonei per integrare il corpo, almeno nei mesi estivi e sulla fascia costiera. Ora le proporzioni del problema si allargano, ma è chiaro che come già avevo disposto, riorganizzeremo la pianta organica e rimuoveremo dai nostri uffici le incrostazioni latenti. Dal 14 aprile scorso abbiamo cambiato rotta, e sia chiaro che tutto quanto è accaduto prima di quella data per responsabilità non nostre, non si riverificherà mai più». Amarezza anche nelle parole dell’ex sindaco, Francesco Taglialatela: «Il rischio è che per la responsabilità dei singoli, l’immagine di un’intera città e della sua amministrazione, venga compromessa. Mi posso solo augurare che la magistratura faccia emergere presto e con chiarezza il quadro delle responsabilità, perché chi ha sbagliato paghi».
MONICA D’AMBROSIO
E ora amministrazione sotto controllo
Non sono ancora le otto quando le sirene delle volanti della polizia irrompono in corso Campano. Dopo gli arresti, più di duecento poliziotti raccolgono presso il comando di polizia municipale, e al quarto piano del palazzo comunale, tutto il carteggio di documenti relativi al periodo compreso tra il 2004 e il primo semestre 2006. È solo la punta dell’icebarg di un’indagine che si è appena conclusa e che ha indotto un pool di magistrati a presentare istanza di carcerazione per 39 persone. 23 degli arrestati sono vigili in servizio presso il comando di corso Campano, alcuni anche da 30 anni. Tre sono i dipendenti dell’ufficio tecnico del comune, gli altri, sono funzionari esterni e imprenditori edili. Altre 30 persone invece, finiscono nel registro degli indagati. I capi di imputazione vanno dalla falsità ideologica e materiale, alla concussione, alla violazione urbanistica e edilizia. Per tutti, salvo due funzionari esterni, c’è anche l’aggravante dell’art. 7: i presunti colpevoli, facevano parte di una vera e propria associazione a delinquere che agiva per favorire clan camorristici. Quali siano i clan di riferimento, gli inquirenti non lo rivelano poiché, «l’indagine non è ancora conclusa», spiega il pubblico ministero Paolo Itri. Un’indagine lunga un anno, articolata in appostamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, e che ha visto emergere decine di casi di abusi edilizi, concentrati sulla fascia costiera, rispetto ai quali i funzionari di polizia municipale, in cambio di ricompense che variavano dai 500 ai 2500 euro, chiudevano gli occhi, salvo poi spartirsi i guadagni con i tre impiegati dell’ufficio tecnico. L’indagine condotta dal commissariato di polizia di Giugliano, guidato dal vicequestore Pasquale De Lorenzo e dal commissario Maria Rosaria Romano, ha prodotto un’ordinanza lunga 1500 pagine, ora al vaglio dei legali degli indagati, pronti a preparare la difesa una volta conclusa la fase degli interrogatori.
m.d.c.
IL MATTINO 21 MAGGIO 2008