Grida vendetta, quest’odore senza marchio. E appesta il cielo denso di gabbiani, che ruotano come avvoltoi affamati al fiero pasto. E inquietano i nugoli di mosche, che si aggrappano alla pelle come a derubarla di un affanno che già a stento si fa respiro. «Dài, andiamo via – chiede Raffaele Del Giudice, esponente di Legambiente – io le conosco, queste bestiacce: hanno assaporato il sudore, fra un attimo tenteranno di entrarci pure in bocca». Cava Riconta, così muore una discarica. Urlano, i gabbiani affamati. E gli ultimi camion carichi di rifiuti selezionati (che invece selezionati non sono) consumano lenti il viale, sorpassano l’ospizio, entrano fra i cumuli. Come ogni giorno. Da troppi mesi, cioè da quando hanno riaperto il buco. Un buco? 476mila metri quadri, altro che buco. Qui giace l’immondizia di tutta la Campania, quella uscita dai sette impianti cdr. È qui. Ed è tutt’intorno. Entro l’unico chilometro quadrato che circonda l’impianto cdr di Giugliano, sono trentanove le discariche che in questi anni sono state via via spalancate d’imperio. Trentanove, dentro a un fazzoletto di terra straordinariamente fertile. Racconta Raffaele Del Giudice: «Albicocche, pesche, ciliege, susine, castagne, gelso: sembra incredibile, ma nelle masserie della zona si fa ancora agricoltura biologica di alta qualità. Nessuno qui ha mai visto una vera bonifica nè una seria valutazione di impatto ambientale. Terra perseguitata. Se getti un sasso nello sversatoio, senti lo splash di un fondo assai liquido: è tutto percolato, materia umida, veleni». Ma ecco, arriva un altro camion. E Del Giudice sussurra: «Vedi? Quel’automezzo è colmo di rifiuti ancora umidi: lo sento dall’odore. E dal fatto che viaggia sigillato». Paesaggio lunare. Anzi no, perchè la luna mica puzza. Laggiù, a trecento metri, c’è la ex discarica di Settecainate, chiusa un anno fa. A fianco giace l’Alma, il vecchio sversatoio. Un po’ più in là, ma solo un poco, è attiva invece la più grande piattaforma di stoccaggio-rifiuti mai realizzata in Italia: Taverna del Re è tre milioni di metri quadri. Per ampliarla ulteriormente, in questi giorni stanno sradicando atavici alberi da frutta. Alma. Poi Napoli 1 e Napoli 2. E Napoli 3. E ancora, Masseria del Pozzo. E la Resit 1. E la Resit 2. E Cava Giuliani. E Settecainate, che resta uno splendido borgo medioevale. E Cava Riconta. Elenchi da film horror. In una ventina di anni, questa terra ha ingoiato milioni di tonnellate di immondizia definita «legale». E ne ha ingoiati chissà quanta altra ancora e ancor più avvelenata grazie al business di Ecomafia, che qui conserva il suo quartier generale nonchè il cuore di stratosferici interessi. Una data: 24 febbraio 1991. Un nome: Mario Tamburrino. Faceva l’autista, rimase gravemente intossicato dopo aver trasportato clandestinamente 273 bidoni contenenti rifiuti tossici. L’episodio suscitò impressione. Ma la lezione non è servita a nessuno. Oggi, davanti alla discarica che chiude, la gente di Qualiano, di Villaricca, di Giugliano (160mila abitanti), tiene manifestazione. Va bene lo scampato pericolo dell’ennesima proroga, ma adesso è necessario risanare davvero. La paura è che, disattivata la discarica, ci si dimentichi dei veleni qui per anni depositati. E che si continua a depositare, illegalmente. Raffaele Topo, il sindaco di Villaricca, aspetta nella villa comunale da poco inaugurata: «Sto per aprirne altre due – fa sapere con orgoglio – ogni domenica mattina ospitiamo duemila bambini festanti. Villaricca vuole crescere, ne ha diritto: curiamo la rassegna di arte nei cortili e quella che onora il nostro Sergio Bruni». Bene, sindaco: ma l’immondizia? «Negli ultimi cinque anni tutti gli impianti di stoccaggio realizzati in Campania sono stati ubicati nel Giuglianese. Abbiamo dato tanto. Ora chiediamo una distribuzione equa degli impianti, che però vanno assolutamente realizzati». E le bonifiche, sindaco? «C’è l’impegno a mettere in sicurezza la discarica che chiude. Ma il problema più grave si nasconde dentro tutti quei buchi che negli anni la criminalità organizzata ha realizzato. È in quei buchi che si nascondono i veleni più sconosciuti e insidiosi. Perciò temo ogni forma di ambientalismo strabico e chiedo una diagnosi seria e diffusa sul territorio, specie nella parte – enorme – aggredita da Ecomafia. Bisognerà incapsulare, come a Porto Marghera. Oppure ricoprire dall’alto». A che punto è la diagnosi? «A Villarica, 30mila abitanti, ho scoperto due siti colmi di materiale illegale e li ho messi in sicurezza. Ma il Giuglianese è un territorio grande 92 chilometri quadrati, mai sottoposto a screening». Un recente dossier della Asl Napoli 2 ha denunciato che in quest’area sono stati individuati 400mila metri quadrati di superficie avvelenata da duemila tonnellate di rifiuti scaricati illegalmente. Goccia nel mare. Da Ischitella a Marano, da Licola a Varcaturo, vive una invisibile filiera di sversatoi ad alto rischio targati camorra. In questi anni, Ecomafia ha comprato i buchi adatti allo smaltimento per poi rivenderli allo Stato al momento opportuno. Se lo Stato non si mostra interessato a uno dei buchi, beh poco male: c’era – e c’è – sempre un modo, confessabile o meno, per rimpinzare di veleni quel buco. Comunque. Fino all’orlo. Aumm aumm. A prezzo infame.
ENZO CIACCIO – IL MATTINO 27 MAGGIO 07
RESTA AGGIORNATO, VISITA IL NOSTRO SITO INTERNAPOLI.IT O SEGUICI SULLA NOSTRA PAGINA FACEBOOK.