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domenica, Aprile 28, 2024
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Indagine sul rogo di Caivano, la verità in un video: la terribile ipotesi

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Per ora l’ipotesi è di incendio colposo ma molto presto non si esclude da parte degli inquirenti che il fascicolo aperto dalla Procura di Napoli Nord sul maxi rogo che ha devastato a Caivano, in piena Terra dei Fuochi, l’area di stoccaggio di rifiuti dell’azienda Di Gennaro Spa, possa ampliarsi ad altri titoli di reato. Come il dolo, ad esempio, o il disastro ambientale, considerando anche la densa nube nera sprigionatasi dalla combustione della carta e della plastica che ha interessato una decina di comuni tra il Napoletano e il Casertano.

L’indagine sul rogo a Caivano

Gli inquirenti – procuratore Francesco Greco e aggiunto Domenico Airoma con i sostituti Fabio Sozio e Patrizia Dongiacomo – attendono gli esiti degli accertamenti delegati ai Vigili del Fuoco di Napoli prima procedere oltre, ma qualche piccolo indizio sul fatto che dietro il rogo di due giorni fa possa esserci la mano dell’uomo, già esiste.

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Ad esempio, particolare attenzione viene posta sull’origine delle fiamme sviluppatesi all’interno dell’azienda secondo quanto accertato con immediatezza dai vigili del fuoco intervenuti sul posto. Resta per la verità difficile capire l’origine di un rogo così esteso, che potrebbe aver cancellato tracce di eventuali inneschi. Ci sono le telecamere interne all’azienda che potrebbero aver ripreso qualcosa; i carabinieri stanno verificando. Nel territorio le popolazioni sono preoccupate e ricordano il maxi rogo di rifiuti avvenuto nel luglio 2017 all’azienda Ilside di Bellona, nel Casertano, dove andarono fuoco centinaia di tonnellate di immondizia, tra cui rifiuti, e materiale tossico come carta e plastica; il dolo non è mai stato escluso ma neanche riscontrato con elementi certi, nonostante l’Ilside fosse già stata colpita da un rogo simile nel 2012

La protesta degli ambientalisti

A Caivano protestano gli attivisti di Stop Biocidio, che chiedono di aver chiarezza sui dati relativi al livello di inquinamento. «Vogliamo conoscere con certezza quali sono i rischi cui andiamo incontro – dice Enzo Tosti – stiamo continuando a respirare aria tossica e ci dicono che dobbiamo stare in casa e non usare i condizionatori. Come si fa, con il caldo che c’è? L’Arpac dia i dati reali, invece di fare comunicati che vorrebbero far stare tranquille le persone e invece ottengono l’effetto contrario».

Nel fascicolo  sono confluite non solo le immagini delle tele- camere di sicurezza, ma anche e soprattutto le informative redatte dalla polizia giudiziaria, tra queste una della Forestale. La svolta in un video dove si vede un giovane uscire dalla vegetazione in fiamme. È con altri tre “compagni”, vengono inseguiti: «Volevamo filmare la scena», si sono giustificati. La Procura indaga.

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