Cartella clinica falsificata dopo la morte della paziente, medici a giudizio
Le accuse
Il gup di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) Rosaria Dello Stritto ha rinviato a giudizio il fondatore e titolare della clinica Pineta Grande di Castel Volturno (Caserta) e tre medici con l’accusa di aver falsificato la cartella clinica di una paziente, Francesca Oliva, una 29enne di Gricignano d’Aversa proveniente dall’ospedale di Giugliano in Campania che nel maggio 2014 morì per una grave setticemia insieme con due dei suoi tre gemelli appena dati alla luce.
L’assoluzione
Nell’ottobre 2021 il tribunale di Santa Maria Capua Vetere pronunciò l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” per i 14 medici che erano finiti a giudizio per omicidio colposo plurimo (tre della Pineta Grande e nove dell’ospedale di Giugliano) ritenendo però sussistenti gli errori commessi nei confronti della giovane donna dal suo ginecologo di fiducia, Sabatino Russo.
Il nodo principale della questione fu la somministrazione dell’Unasyn (antibiotico), che i medici, stando a quanto scritto, diedero a Francesca Oliva, ma che, in realtà, sarebbe stato inserito successivamente nella cartella clinica. Secondo il consulente della Procura,infatti, l’antibiotico, anche se presente tre volte nel diario medico, non sarebbe stato mai somministrato alla paziente.
La vicenda
Francesca Oliva morì per setticemia mentre portava in grembo tre gemelli (solo una femminuccia è sopravvissuta). Era il 24 maggio del 2014. Francesca fu ricoverata prima all’ospedale di Giugliano e poi alla clinica di Castel Volturno. Dopo le minacce di aborto, il suo medico, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77%, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Nessuno, però, se ne accorse, nonostante l’ecografia eseguita. E così Francesca fu trasferita d’urgenza, il 19 maggio, alla clinica “Pineta Grande”.
Il 22 maggio la sua condizione di salute precipitò. La febbre altissima venne curata con antibiotici inidonei (secondo la ricostruzione della Procura). Il 23 maggio si decise, infine, di operare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femminucce, sopravvisse al parto, ma morì dopo 24 ore per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.
La cartella è stata alterata post mortem
Dagli accertamenti è poi emerso che la cartella clinica della 29enne sarebbe stata alterata post mortem con l’inserimento e la somministrazione, mai avvenuta per gli inquirenti, di un antibiotico ad ampio spettro. Inoltre sarebbe stato cancellato il riferimento alle condizioni di malessere generale della donna.
Il magistrato Gerardina Cozzolino ha quindi chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per il reato di falso in atto pubblico per Schiavone e tre suoi collaboratori (Gabriele Vallefuoco, Giuseppe Delle Donne e Stefano Palmieri) accusato anche di falsa testimonianza resa in dibattimento; per altre due persone coinvolte (Giorgio Conte e Gianluca Russo), il gup ha disposto lo stralcio della posizione con rinvio degli atti alla Procura per una nuova notifica dell’avviso di conclusione indagini (non ricevuto dagli indagati) propedeutico a una nuova richiesta di rinvio a giudizio e a una nuova udienza preliminare.