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giovedì, Aprile 25, 2024
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Sconto di pena per Mariano Riccio, non era il capo degli Amato-Pagano

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Nessun capo nè promotore degli Scissionisti ma solo un ruolo da partecipe. Questa la base della decisione della Corte d’Appello di Napoli (II sezione) su Mariano Riccio. Per Riccio erano già scaduti i termini di custodia cautelare (leggi qui l’articolo). Il genero del boss Cesare Pagano ha incassato una pena di 13 anni di reclusione con esclusione dell’aggravante camorristica (a fronte della precedente condanna a 20 anni). Riccio era difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono le cui argomentazioni sono state pienamente accolte. Si tratta del nuovo processo di appello per le giovani leve degli Amato-Pagano dopo il rinvio operato dalla Cassazione lo scorso aprile. La Suprema Corte aveva infatti annullato la sentenza della Corte d’Appello di Napoli (del settembre 2019) in cui Riccio veniva indicato come capo e promotore dell’organizzazione camorristica denominata Amato-Pagano. Tra le altre condanne spiccano quella a quindici anni per Vincenzo Aletto, dieci anni per Castrese Ruggiero e per Giuseppe Busiello, Carmelo Borrello otto anni. Dieci anni invece per Salvatore Stabile con esclusione, anche in questo caso dell’aggravante dell’articolo 7. Secondo la Direzione distrettuale antimafia, Riccio, dopo la cattura di Cesare Pagano, era divenuto responsabile della gestione del clan: tanto da rendersi protagonista di una feroce espansione anche sul territorio di Marano. A inchiodarlo le dichiarazioni del collaboratore Biagio Esposito ma anche alcune intercettazioni come quella che registrò la voce dell’affiliato Vincenzo Aletto che, commentando la cattura di ‘Mariano’, si chiedeva chi avrebbe pagato le ‘mesate’. Un orientamento adeso ribaltato dalla nuova pronuncia d’appello.

L’articolo precedente: decorrenza dei termini per Mariano Riccio

Un colpo di scure importante. Che spazza via quello che fino a questo momento si era pensato di lui. Per Mariano Riccio, indicato da diversi collaboratori di giustizia come reggente de facto degli Amato-Pagano dopo l’arresto di Cesare Pagano, è scattata la decorrenza dei termini di custodia cautelare. A stabilirlo la Corte d’Appello di Napoli (II sezione). Si tratta della seconda notizia positiva, nel giro di pochi mesi, per Riccio. lo scorso aprile infatti la Corte di Cassazione aveva infatti annullato la sentenza della Corte d’Appello di Napoli (del settembre 2019) in cui Riccio veniva indicato come capo e promotore dell’organizzazione camorristica denominata Amato-Pagano. La Cassazione ha disposto la celebrazione di un nuovo processo d’appello. Per la Suprema Corte Riccio non era il reggente degli Scissionisti. Sconfessate dunque le ricostruzioni del collaboratore di giustizia Biagio Esposito secondo cui Riccio, dopo l’arresto di Cesare Pagano, aveva assunto le redini del sodalizio. La Suprema Corte ha invece accolto pienamente le argomentazioni del legale di Riccio, l’avvocato Domenico Dello Iacono. Per effetto di tale pronuncia la Cassazione ha dichiarato l’inefficacia della custodia cautelare in carcere con Riccio che resta detenuto per altro.

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L’articolo precedente: il ‘mea culpa’ di Riccio sul triplice omicidio dei ‘Doberman’

«Ero giovanissimo, non lo rifarei se potessi tornare indietro. Sono dispiaciuto e adesso posso dire solo questo». Questo il mea culpa di Mariano Riccio, il genero di Cesare Pagano che provocò per un breve periodo la scissione tra gli scissionisti del clan Amato-Pagano, per ottenere un consistente sconto di pena nel processo che lo vedeva imputato davanti al Tribunale per i minori (perché all’epoca dei fatti aveva 17 anni) per la strage con lupara bianca del 15 marzo 2009 in cui furono massacrati e fatti sparire i corpi di Francesco Russo “’o dobermann”, del figlio Ciro e del guardaspalle Vincenzo Moscatelli. E  così il giudice ha concesso le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante del fatto e con la riduzione prevista dal rito abbreviato, dal rito davanti al tribunale dei minorenni e senza la premeditazione fanno 16 anni. Alla luce delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, in primo luogo dall’ex boss di Miano, Antonio Lo Russo, ma anche Carmine Cerrato e Biagio Esposito.

 

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