Effettuavano sopralluoghi in tutte le zone della città, dal centro alla fascia costiera, per trovare cantieri edili dove estorcere il pizzo. Era una ‘macchina rodata’ quella del clan Mallardo di Giugliano. Come ricostruito dai carabinieri di Giugliano, il ‘gruppo di via Cumana’ guidato da Michele Di Nardo, aveva il pieno controllo del racket nella terza città della Campania. Quando non erano gli imprenditori ad andare direttamente dai ‘masti’ prima di aprire un cantiere, erano gli affiliati a mettersi in auto o in moto e girare in lungo e largo la città per chiedere soldi. In alcuni casi seguivano i camion che trasportavano calcestruzzo o materiali edili oppure si recavano nei depositi per chiedere informazioni sulla locazione dei cantieri.
“Embè a noi non devi dare niente?”. “Noi siamo i compagni di Giugliano, pure noi abbiamo figli come li tenete voi. Ci dovete fare un regalo, anche noi dobbiamo campare”. “Dite al masto che prima di iniziare i lavori deve passare per Giugliano”. Queste, più o meno, le frasi utilizzate dai vari affiliati verso le vittime. Qualcuno veniva minacciato in loco, altri venivano prelevati e portati direttamente dal ‘masto’ per l’imbasciata.
Capitava anche che gli affiliati si facessero le scarpe l’uno l’altro ed intascassero i soldi all’insaputa di altri soggetti del clan o addirittura dei capi, senza versarli nella cassa comune del clan. Il retroscena è emerso nell’ultima ordinanza. Uno degli imprenditori minacciati infatti l’episodio: “Purtroppo quando abbiamo iniziato i lavori per la costruzione del distributore di carburanti, ho ricevuto richieste estorsive. Si presentarono due soggetti a bordo di un’ autovettura. Mi chiesero se eravamo i titolari del distributore in costruzione, riferì ai soggetti che il terreno era il nostro che il distributore era in costruzione da parte di una società di carburanti e che a noi pagava solo l’affitto del suolo. A tali parole i soggetti iniziarono a riferirmi “NOI SIAMO I COMPAGNI I GIUGLIANO E PURE NOI ABBIAMO I FIGLI COME LI TENETE VOI, CI DOVETE DARE UN REGALÒ, PURE NOI DOBBIAMO CAMPARE”.
A tali richieste compresi subito che si trattava di una richiesta estorsiva, spiegavo ai due soggetti che sia io che i miei fratelli eravamo dei lavoratori e non potevamo permetterci di pagare una elevata somma. Ci accordammo per la somma 10.000 euro. Dopo alcuni giorni dalla richiesta, sempre i due soggetti vennero da me ed io gli consegnai la somma di 3.000,00 dicendogli che non potevamo pagare l’intera somma di 10.000 euro.
I due soggetti dissero che poi cì saremmo accordati con il resto dei soldi ed andavano via. Successivamente verso metà Marzo, i due soggetti in compagnia di un terzo soggetto, vennero di nuovo e mi dissero nel caso si sarebbe presentato qualcuno del loro gruppo a verificare se io avessi già dato i soldi a titolo estorsivo dovevo riferirgli che ancora non avevo pagato la somma di 8.000,00; acconsenti alla loro richiesta. Successivamente a tale episodio dopo pochi giorni, vennero da me di nuovo i due soggetti che mi fecero la richiesta estorsiva in compagnia di un terzo soggetto. Volevano anche la gestione del bar nel distributore”.
Anche in altri casi ci sono passaggi di affiliati che intascano soldi senza versali nelle casse del clan Mallardo. Ad esempio Davide Barbato e Oreste Comite decisero di effettuare un’estorsione ad una ditta edile senza spartirla con gli altri del gruppo, intimando alla vittima di non riferire ad altri di aver già pagato a loro.