Proteste questo pomeriggio degli esercenti di via Chiaia, aggrediti come quasi tutto il settore commerciale dalla pesante crisi economica a seguito della chiusura delle proprie attività propiziata dal lockdown deciso dal Governo per contrastare la diffusione del Coronavirus. Titolari di negozi di abbigliamento, calzature, gestori di B&b, sfidando le restrizioni ancora vigenti, si sono dati appuntamento nei pressi del ponte di una delle principali via dello shopping cittadino e, coniando #iononriapro, hanno denunciato «l’alto rischio di fallimento delle piccole e medie imprese e la mancanza di aiuti concreti da parte dello Stato».
I partecipanti, oltre una decina, al sit-in di quest’oggi hanno rivendicato alcune richieste ritenute essenziali per rimettersi in sesto dal giorno della riapertura, sia esso il 4 maggio, il 18 maggio, il 1 giugno o come già avvenuto per alcune categorie – dalla ristorazione ai bar, pasticcerie, pizzerie, librerie, cartolibrerie – da lunedì 27 aprile con la sola possibilità delle consegne a domicilio e per sola mezza giornata o ancora prima per i negozi di abbigliamento per bambini, per sole due volte alla settimana. Nel concreto: assegno di solidarietà a tutti i dipendenti; contributo economico per il pagamento dei canoni di fitto dei locali; finanziamenti a fondo perduto per far quadrare i conti dopo due mesi di mancato incasso per via della chiusura forzata; abolizione di tutte le tasse e imposte nell’immediato; sospensione degli accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps: svalutazione delle merci in magazzino.
Parlando a da InterNapoli.it Francesco Catapano del negozio di abbigliamento Ascot si è fatto portavoce delle ansie degli esercenti di via Chiaia in vista di una ripresa delle attività che assomiglia molto di più ad un salto nel buio. «Applicare a noi degli sgravi sui fitti agli esercenti non serve nulla, visto che da un paio di mesi non incassiamo. Sarebbe giusto applicarli invece ai titolari degli immobili a cui noi paghiamo l’affitto. In questo modo, noi esercenti potremmo ricevere dei benefici risparmiando sulle cifre da pagare». Una boccata d’ossigeno, anzi per molti praticamente l’unica speranza di scacciare via il fantasma della chiusura definitiva, è rappresentata dall’accesso al microprestito da 25.000 euro con la garanzia al 100% dello Stato così come previsto dal decreto salva-imprese. Sebbene siano passate diverse settimane dall’annuncio del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ha aggiunto Catapano, «dalle banche non è arrivato alcun segnale concreto e chi è riuscito ad inoltrare la domanda si è visto rispondere dagli istituti di credito che le garanzie dello Stato ancora non ci sarebbero». Tradotto, vuol dire che i soldi sino a questo momento non sono arrivati.