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sabato, Aprile 27, 2024
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«Costretto a sposare la figlia del boss», il racconto del genero di Bosti

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Un’odissea vera e propria. Vissuta sulla sua pelle da quando aveva vent’anni. Questo almeno stando al racconto di Luca Esposito, il genero del boss Patrizio Bosti, ‘colonna portante’ dell’Alleanza di Secondigliano. Esposito, arrestato due mesi fa mentre con la moglie, Maria Bosti, era in procinto di partire per Dubai con un green pass falso, ha iniziato a rilasciare dichiarazioni ai magistrati della Dda. Non un pentimento formale ma il racconto di uno spaccato inquietante dall’interno dell’Alleanza composta dai clan Contini, Mallardo e Licciardi. «Voglio dire che vivo da tempo una difficile situazione su cui vorrei rendere delle dichiarazioni. Voglio raccontare com’è nato il rapporto con la famiglia di mia moglie, Maria Bosti, che ho conosciuto intorno al 1997 a Ischia. Instaurai con lei una relazione, ma non era facile incontrarla. La sua famiglia ostacolava la nostra relazione e in particolare fu proprio Ettore, il fratello di Maria, ad aggredirmi per strada già nel primo periodo di frequentazione. Mio padre, che faceva il magliaro, vale a dire il venditore di abbigliamento usato e rigenerato, decise allora di portarmi per un po’ fuori Napoli con lui».

Il racconto del genero del boss

Quando la famiglia della ragazza diede l’assenso ecco che, stando al racconto di Esposito, sarebbe iniziato il suo Calvario:«In occasione di una festività, credo San Valentino, la mia fidanzata disse che voleva stare con me. Venne allora a casa dei miei genitori Antonio Aieta, ’o piccirillo, che invitò me e mio padre a seguirlo. Viaggiammo a lungo e fummo condotti a Giugliano, anche cambiando macchina. In un casolare trovammo ad attenderci Francesco Mallardo e Patrizio Bosti. Il primo dovette anche calmare il secondo, che addirittura tentò di aggredire mio padre. In sintesi, Patrizio Bosti impose la sua volontà, che era quella che io sposassi Maria. Ci sposammo nel 2000 e l’anno successivo nacque mio figlio. Ci imposero anche di vivere vicino a loro. Non rinnego mia moglie, ma la sua famiglia»

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L’articolo precedente: i Licciardi non si fidano di Ettore Bosti

L’Alleanza di Secondigliano vista da dentro. Come mai prima. Assumono un’importanza investigativa di assoluto rilievo i verbali rilasciati da Luca Esposito, genero del boss Patrizio Bosti, una delle colonne portanti dell’Alleanza di Secondigliano. Le sue dichiarazioni sono state depositate agli atti dei procedimenti che coinvolgono Esposito: l’inchiesta sulla corruzione per il vaccino falso per poter ottenere il green pass, dove il Riesame qualche settimana fa ha confermato la custodia in carcere escludendo l’aggravante mafiosa, e il processo dove l’uomo è imputato di associazione camorristica. Eppure Esposito non può definirsi collaboratore di giustizia come da lui stesso precisato nel primo verbale:«Non sono mai stato intraneo al clan, non condivido il loro stile di vita». Le sue dichiarazioni però aprono uno spaccato inedito dell’organizzazione criminale più potente di Napoli e dei suoi componenti.

Le dichiarazioni su Patrizio Bosti

A cominciare dal suocero, Patrizio Bosti, che arrivò a picchiarlo, come dichiarato dallo stesso Esposito, perchè aveva uno stile di vita troppo libero:«Mi picchiò con un tubo dell’acqua tagliato per trenta minuti. In pratica, fui frustato a sangue. Tirò anche fuori una pistola, la scarrellò e me la puntò alla testa». La sua colpa? «Avevo una vita troppo libera, uscivo di sera senza mia moglie». Non mancano poi gli affondi al cognato, Ettore Bosti, impostogli dal suocero come socio in affari:«A Secondigliano c’erano i Licciardi. A Miano c’erano i Lo Russo; Ettore intanto sposò Mena Lo Russo, figlia di Mario, ma il matrimonio non era voluto, soprattutto da Ciccio Mallardo. Per ingraziarsi quelli di Miano Ettore partecipò anche ad un omicidio. I Licciardi da allora continuano a nutrire rispetto per Patrizio, ma non dimenticano l’accaduto e guardano rancore Ettore, di cui non si fidano. Ettore aveva relazioni criminali con gli esponenti del clan Lo Russo. Una volta, in quel periodo,, incontrai Ettore insieme ai ragazzi del clan di Miano presso il negozio di Michele Franzese vicino a Piazza dei Martiri; loro andavano là ogni sabato pomeriggio a spendere soldi a bizzeffe. Io li incontrai per caso. In quella occasione mi presentò suo suocero, Mario Lo Russo, li presente per fare acquisiti. Questi, con aria sarcastica, mi disse che Ettore pagava a lui 5mila euro al mese per poter stare a Mano. Non mi parve una battuta. Con quel termine ‘stare’ Mario Lo Russo intendeva prendere parte al clan Lo Russo».

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