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venerdì, Aprile 26, 2024
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Identificato l’assassino del quattordicenne

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Dieci nomi e un mistero. A poco più di 48 ore dall’uccisione di Sebastiano Maglione, il quindicenne assassinato con un colpo di pistola alla nuca in una stradina di Mugnano, le indagini entrano nella fase più delicata, quella della identificazione dei protagonisti di un «branco» che si è reso protagonista della spedizione di morte di giovedì pomeriggio. Un vero e proprio commando, partito alla ricerca della giovane vittima con un disegno preciso: punire lo sgarro commesso solo qualche giorno prima da Bastiano, come tutti nella zona chiamavano il ragazzo. C’è una prima novità importante: alle indagini inizialmente affidate dalla Procura alla Squadra mobile della Questura di Napoli da ieri partecipano a pieno titolo anche i carabinieri del Nucleo operativo di Castello di Cisterna e della compagnia di Giugliano. E proprio negli uffici del Nucleo operativo coordinato dal maggiore Fabio Cagnazzo si è registrato ieri un intenso movimento di persone: giovani e giovanissimi, tutti residenti nella zona compresa tra Villaricca e Mugnano. Dalle prime ore di ieri e fino a notte fonda i militari hanno convocato e ascoltato alcuni ragazzi sui quali sono in corso nuovi accertamenti. Tra loro potrebbe esserci anche qualcuno che, giovedì pomeriggio, faceva parte della banda che dopo aver intercettato Bastiano in via Rossetti in compagnia di un amico, scatenò poi la caccia all’uomo finita tragicamente con quel colpo di calibro 9 alla testa. Dieci nomi e un mistero: i nomi sono quelli dei giovani sui quali – dopo un lungo lavoro di verifiche incrociate svolti da polizia e carabinieri – grava un sospetto pesantissimo: quello di essere stati testimoni di ciò che è avvenuto nel pomeriggio di giovedì. In origine – e cioè nelle prime 24 ore dall’omicidio di Sebastiano Maglione – i nominativi di giovani sospettati sarebbero stati assai più numerosi. Su uno, in particolare, si sarebbe concentrato il più inquietante dei sospetti: quello di una partecipazione diretta al’omicidio. Ma il ragazzo – si tratterebbe di un coetaneo della vittima – ha fornito un alibi di ferro, uscendo così dalla scena dei sospetti. Dieci nomi, dunque, sui quali si concentra ora anche l’attenzione dei carabinieri. Inquadrato il movente del delitto, che sembra confermare la pista di uno sgarro costato poi la vita a Bastiano, non resta che dare un nome ai suoi aggressori. Al branco, ma soprattutto a chi ha poi premuto il grilletto della pistola che ha ucciso il quindicenne. E qui si arriva al mistero. Un mistero fitto. Un rebus che una sola persona potrebbe sciogliere: l’amico di Sebastiano, che giovedì era presente in via Rossetti e che alla fine se l’è cavata solo con qualche livido. Già, ma se è vero che le indagini sono già riuscite a ricostruire l’identikit del volto dell’assassino (e quindi sono capaci di dargli anche un nome) dell’omicida sembrano esseresi perse tutte le tracce. Dal fitto riserbo che circonda gli inquirenti filtra un sospetto: «È in fuga – dice un investigatore – e fugge due volte: dalla legge, ma anche dalla possibile vendetta che potrebbe abbattersi su di lui, dopo quello che ha fatto». Ieri pomeriggio, per un momento, sembrava fatta: la segnalazione della presenza del fuggitivo in una zona non lontana da Giugliano pareva quella giusta, una segnalazione capace di chiudere definitivamente il cerchio intorno al presunto omicida. Così non è stato, e dunque la caccia ricomincia. Lo scenario del delitto sembra in ogni caso ormai delineato: Sebastiano, armato di una pistola giocattolo, ha tentato di rapinare (o ha addirittura rapinato) una o più persone che evidentemente appartengono a un gruppo criminale di giovani attivo nella zona a nord di Napoli.

DARIO DEL PORTO



Il parroco accusa: «Siamo tutti colpevoli»

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«I delinquenti qui a Giugliano sono più emulati che evitati»: don Tommaso D’Ausilio, parroco della chiesa di San Pio, quella che sorge proprio accanto alla casa di Sebastiano Maglione, ieri sera dall’altare, durante l’omelia, ha lanciato un grido di allarme e di dolore. Ha accusato il mondo indifferente degli adulti come già aveva fatto un mese fa don Maurizio, il sacerdote del parco Verde di Caivano che al funerale di Emanuele, il baby rapinatore ucciso da un carabiniere mentre tentata l’ennesimo colpo, aveva tuonato: «Le istituzioni solo in queste occasioni ricordano quello che nelle nostre strade succede quotidianamente». «La morte di questo ragazzo ci riguarda tutti – ha detto ieri don Tommaso – la comunità cittadina si deve interrogare su questa assurda ondata di violenza che rischia di travolgerci. Tutti dobbiamo recitare un mea culpa. E il silenzio dei nostri ragazzi ci deve far riflettere: non sappiamo se nasconde smarrimento, interrogativi ai quali loro stessi non riescono a dare una risposta o se, al contrario, testimoni paura e indifferenza». Poi, al telefono, il sacerdote spiega: «La morte di un quattordicenne assassinato in maniera brutale ci fa rendere conto di quanto manchi la nostra presenza qui a Giugliano. E quando dico nostra, intendo di noi tutti: qui c’è un’abbondanza di cattivi esempi, ne trovi quanti ne vuoi, c’è prepotenza e strafottenza. Mancano, invece, gli esempi postivi, l’area che respirano i ragazzi non è un’aria salubre. Evidentemente ci siamo svenduti un po’ tutti a buon mercato. Non so quanto noi tutti ci sentiamo tutelati dalla politica, ma anche dalla legge». Ma il parroco non chiede il pugno duro: occorre far rispettare le leggi, sostiene, ma questi interventi, seppur necessari, da soli non bastano: «Il risvolto tragico di quello che sta accadendo è che la città non vive. Siamo stati dimenticati. A Giugliano c’è un vuoto totale, di noi si parla solo quando bisogna depositare la spazzatura. siamo diventati la discarica della Campania. E tutto questo abbandono, tutta questa indifferenza, lascia i prepotenti padroni del campo. La morte di Sebastiano, un ragazzo che io purtroppo non conoscevo e quindi non ho potuto aiutare, è solo la punta dell’Iceberg. Sotto c’è una situazione di violenza intollerabile».

DANIELA DE CRESCENZO




Il preside: chiediamo aiuto ma nessuno ci ascolta



È esasperato il preside della scuola media Gramsci, quella frequentata da Sebastiano Maglione: assediato dai giornalisti, preoccupato per i suoi ragazzi, quelli che ogni giorno affollano le aule e quelli che non si vedono mai, e per i suoi insegnanti che si trovano ad affrontare ragazzi a rischio, Antonio Di Paolo – non sa più a che santo votarsi per arginare una situazione drammatica. «Ora tutti ci chiedono che cosa sta succedendo ai nostri studenti – dice – ma noi ogni giorno chiediamo aiuto. E non ne riceviamo. Qualche mese fa sono stato costretto a barricarmi in presidenza perchè dei genitori mi minacciavano pretendendo un nulla osta che non potevo dare. Un’altra volta un ragazzo che non frequentava più il nostro istituto è riuscito a entrare, ha rubato la borsa a una docente ed è fuggito lungo le tubature. Ogni giorno ci sono persone che entrano ed escono: noi avvertiamo le forze dell’ordine. Ma quando arrivano gli uomini in divisa è già finito tutto». E anche Sebastiano Maglione non è stato un allievo facile: «Avevamo chiamato i genitori per segnalare le difficoltà. Abbiamo parlato con la madre, poi il ragazzo ha ottenuto la licenza media e non abbiamo potuto fare più niente». Non ha soluzioni pronte, il preside Di Paolo, ma chiede più attenzione per i problemi della scuola, e soprattutto più personale e più sorveglianza: «Volevamo delle pattuglie all’orario di entrata e di uscita: non le abbiamo ottenute». E anche il sindaco Francesco Taglialatela è d’accordo: con i fondi che scarseggiano diventa sempre più difficile amministrare una città che in venti anni ha visto raddoppiare la sua popolazione che ha superato quota centomila. «Davanti alla drammaticità di questi fatti – dice – si prova sgomento. La nostra è una zona dove episodi particolarmente efferati si stanno verificando troppo spesso, Io mi auguro che, al di là dell’intervento repressivo, ci siano nuove iniziative per lo sviluppo. A partire dalle scuole che, visto l’incremento della popolazione stanno diventando insufficienti. A Giugliano si rischiano i doppi turni». Ma l’amministrazione, sottolinea il primo cittadino, non resta ferma: «Siamo impegnati sul campo della legalità, a partire dal riutilizzo dei beni della camorra. La nuova università di Scienze motorie nascerà proprio in un edificio sequestrato alla malavita. E al ragazzino coinvolto nel raid che ha provocato la morte di Sebastiano e che ora è in una situazione difficile dico: quando l’iter giudiziario si sarà concluso vieni in Comune, i servizi sociali sono pronti a darti una mano». d.d.c.



IL MATTINO 13 MARZO 2005

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