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venerdì, Aprile 26, 2024
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«Ancora troppo pericoloso», il boss di Bagnoli deve restare in carcere

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Il tribunale di Sorveglianza ha rigettato l’istanza presentata dai difensori di Massimiliano Esposito ‘o scognat, ritenuto reggente dell’omonimo gruppo di Bagnoli. La notizia è stata anticipata da Luigi Nicolosi de Il Roma. Il tribunale di Sorveglianza reputa ancora troppo pericoloso il boss di via Di Niso e da qui la decisione di tenere Esposito ancora dietro le sbarre. L’estate scorsa per ‘o scognat fu disposto l’obbligo di soggiorno nel comune di Napoli per la durata di cinque anni. Massimiliano Esposito rispettò la misura per qualche tempo prima di darsi alla macchia: fu rintracciato dopo qualche mese a Casoria mentre passeggiava con la moglie Maria Matilde Nappi. Rinviato a giudizio per aver violato la sorveglianza speciale, Esposito è stato così condannato a tre anni di reclusione al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato, pena poi rideterminata in due anni e mezzo in appello. Adesso l’ennesima tegola.

L’articolo precedente: vacilla l’inchiesta sul clan Esposito

Nuovo flop nell’inchiesta relativa ai clan di Bagnoli e della mala flegrea. Questa volta la stangata al lavoro dei magistrati è arrivata direttamente dalla Cassazione che ha respinto tutti i ricorsi avanzati dalla Procura avverso il precedente pronunciamento del giudice per le indagini preliminari in sede di Riesame. Già il Riesame aveva respinto la richiesta di arresto, per personaggi di assoluto spessore come il boss di via Di Niso Massimiliano Esposito ’o scognato, sua moglie Maria Matilde NappiFrancesco Cotugno ’o micione,’ Agostino MontiFrancesco Ferrillo, Lucio Musella e Roberto Pinto (leggi qui l’articolo). Fondamentali si sono rivelate le strategie difensive messe in campo dai legali degli imputati (gli avvocati Leopoldo PeroneAntonio RizzoRocco Maria Spina e Antonio Abet) che già avevano ottenuto una prima ‘vittoria’ in sede di Riesame. Nonostante le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni telefoniche la Procura si era infatti vista respingere dal giudice per le indagini preliminari le richieste di custodia cautelare per i personaggi del gruppo di via Di Niso. La Dda aveva così proposto appello. Appello dichiarato inammissibile dai giudici della libertà e dunque rigettato le istanze presentate dal pubblico ministero. Adesso il nuovo colpo di piccone della Suprema Corte con la possibilità che in casi di rinvio a giudizio alcuni di loro possano affrontare il processo a piede libero.

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La decisione del Riesame

Il Riesame nelle sue motivazioni aveva evidenziato la genericità dei motivi di appello proposti dal pubblico ministero stabilendo che le modalità di redazione dell’atto di appello fossero inammissibili. Le indagini, scaturite nel maxi blitz del novembre dello scorso anno,  ricostruirono le attività dei gruppi operanti nelle aree urbane di via Cavalleggeri, via Coroglio, Agnano e Bagnoli nel settore delle estorsioni e del narcotraffico. Nei mesi successivi agli arresti il gruppo di Massimiliano ‘o scognat ha dovuto incassare la notizia del pentimento di  Youssef Aboumuslim, nipote acquisito del boss di Bagnoli (leggi qui l’articolo), e le velleità autonomiste proprio dei fratelli Bitonto, ras un tempo legati proprio al gruppo di via Di Niso.

Il gruppo di Massimiliano Esposito nel mirino: l’articolo precedente

Secondo le prime informazioni trapelate Youssef potrebbe svelare il nuovo organigramma del clan e tirare in ballo persone e nomi già fatti da Genny Carra che indicò la Nappi come colei che ha gestito il gruppo del marito per anni. Dopo l’ultima operazione contro i clan dell’area flegrea il giudice delle indagini preliminari sconfessò però la Procura di Napoli e le dichiarazioni dell’ex ras dei Cutolo. Per il gip non esisterebbe un gruppo intraneo a quello di Bagnoli nonostante la donna venga più volte tirata in ballo da Carra, un tempo vicino al ras Alessandro Giannelli in contrasto proprio con Esposito.

Le accuse di Carra contro la moglie del boss di Bagnoli

«Durante l’alleanza criminale con Giannelli, c’erano problemi con la moglie di Massimiliano, a nome Maria (Maria Matilde Nappi) che però non ho mai conosciuto personalmente. In particolare i contrasti riguardavano la gestione dei locali esistenti nella zona di Coroglio. Io ne ero a conoscenza perché il Giannelli me ne parlava, ma non ho mai partecipato a fatti delittuosi nei loro riguardi. L’idea di Giannelli che era che tale gestione spettasse a lui e in cambio le avrebbe corrisposto un mensile. Attualmente so che il marito, Massimiliano Esposito, detiene il comando del clan di Bagnoli. Prima della sua scarcerazione con Maria c’erano quattro o cinque persone che facevano parte del clan e precisamente Josef, Gennaro Marrazzo, tale Pippetto, una persona di mezz’età che gestisce una sala giochi. Al telefono, dal carcere a luglio mi ha telefonato Giannelli, riferendomi che Massimiliano Esposito e Luigi Bitonto avevano minacciato la moglie per farla andare via dall’abitazione, che era di Bitonto».

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