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venerdì, Aprile 26, 2024
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Emanuela Schioppo saluta il Napoli, la lettera dell’ex capitano tra rabbia e delusione: “Costretta ad andare via”

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Un amore che finisce può anche lasciare delle scorie. E’ quello che si evince dalla lettera che Emanuela Schioppo, ormai ex calciatrice del Napoli Femminile, ha scritto di proprio
pugno, per prima ringraziare la società con la quale ha tirato i primi calci, sino ad arrivare a oltre 200 presenze nei vari campionati giocati con la maglia azzurra, per poi lasciare spazio all’amarezza per una mancata riconferma, prendendo di mira l’allenatore, Giuseppe Marino, colui che, come scrive, l’avrebbe tradita e non le avrebbe fatto togliere la soddisfazione di indossare di nuovo quella maglia, quest’anno in una riconquistata serie A.
Impresa che nella prossima stagione tenterà con la maglia del Pomigliano Femminile, formazione approdata in serie B, per una doppia promozione che avrebbe del fantastico, e dove ritroverà tante compagne, anch’esse ex della formazione azzurra.

La lettera di Emanuela Schioppo

“Caro Napoli,
Ti scrivo perché penso sia arrivato il momento di raccontarci un
po’ di cose e di percorrere le emozioni vissute insieme.
Sono passati 12 anni ormai, solo dodici, o già 12, dipende dai
punti di vista come in ogni cosa…
Ricordo quando per la prima volta ti incontrai, io spaesata, una
“scugnizza” di strada che non aveva nemmeno gli scarpini con i
tacchetti ma che, abituata all’asfalto, giocava con le scarpe da
ginnastica.
Ricordo la prima volta quando arrivai al campo, fu amore a
prima vista, nonostante non avessi mai giocato in una vera
squadra fino ad allora. La mia è una storia breve sotto questo
punto di vista, mio caro Napoli. A 16 anni ho iniziato a calcare quel
prato verde, e a conquistare subito la fiducia del mister, Barbara Nardi,                          che mi integrò nella prima squadra. Dopo poche presenze, il mio primo gol… e chi se lo dimentica!!!
In quegli anni ero felice e spensierata; il campo rispondeva a tutti
i miei perché: era uno sfogo, un divertimento, una vera passione;
solo il campo era in grado di “svelarmi”, sia come persona, che
come calciatrice; mi chiedevo continuamente se un giorno avrei
potuto fare di questa passione un lavoro, essere atleta e giocare a
certi livelli.
Di questi primi anni della mia carriera ho bellissimi ricordi:
vittorie importanti, sconfitte, gioie, ma anche dolori che mi hanno
fatta crescere umanamente; campionati di Serie A2 giocati e
sudati fino all’ultimo minuto, anni e anni a rincorrere quel pallone
e quei sogni accompagnati da tanto sudore e sacrificio.
Poi, arriva la svolta: nel lontano 2012 le emozioni della finale di
Coppa Italia, sfuggita di mano contro il Brescia, campione d’Italia
in carica e la vittoria del campionato di serie A2 con la tanto
attesa Serie A. Eh si, mio caro Napoli, in tempi non sospetti siamo
riusciti ad assaporare nuove platee e a metterci in gioco con
giocatrici e squadre importanti. Quel primo anno di serie A fu
contraddistinto da alti e bassi, è iniziato tutto in salita per me.
L’infortunio che mi portò lontano dal campo per qualche mese,
ma con la forza e la determinazione che mi contraddistingue,
ritornai a cavalcare quel prato verde che tanto mi mancava;
avevo ancora troppe cose in sospeso!
Quell’anno ci fu un quinto posto inaspettato per una
neopromossa, ma che noi tutte meritavamo, incoronato dal mio
primo gol in serie A nell’ultima giornata contro il Como. Quel gol
significò tanto. Rappresentò per me un momento importante, il
passaggio dall’essere ragazzina a una donna. Quell’anno in Serie
A avemmo l’opportunità di ripeterci anche in Coppa Italia, ma
perdemmo in semifinale, o meglio, ci fu una sconfitta che portò alla mancata riconferma del mister nella stagione successiva. Da lì, poi, tutta una discesa: si retrocede, e
inizia una nuova era targata Carpisa. Anni di Serie B affrontati con
la consapevolezza di essere la veterana, e soprattutto sentirsi
responsabile di un gruppo giovane formato da tante ragazzine
napoletane. Decisi di accettare la sfida; dovevo essere capitano,
un esempio per tutte loro; dovevo essere quello che Valentina
Esposito e Valeria Pirone erano state per me.
Anche di quegli anni ho bellissimi ricordi, spensieratezza e
passione si fondevano in un mix perfetto che mi portò a essere
orgogliosa di quel gruppo del tutto nuovo, ma accomunato da
questi colori: chi meglio delle napoletane poteva rappresentarti,
mio caro Napoli.
Come in ogni favola i momenti belli finiscono, e dopo tanti
sacrifici e tanti anni di serie B, a causa del nuovo format, nella
stagione 2017-2018 si retrocede in serie C. E ora che si fa? Non ci
pensai due volte, ero consapevole del progetto che mi attendeva
e della volontà della società di scalare nuovamente le classifiche.
Mi misi in gioco dalla serie C con una squadra ancora una volta
rivoluzionata, ma troppo forte per non vincere, infatti nello
spareggio finale, un mio assist portò il nostro attaccante a siglare
la rete decisiva e a gioire tutte insieme per la vittoria del
campionato. Anche nella stagione appena conclusa ero capitano,
rappresentavo un punto di riferimento per la squadra e non
potevo deludere… inizia così un ulteriore anno calcistico, ma
questa volta, per la prima volta in Serie B Nazionale. Consapevole
della categoria, decido ancora una volta di mettermi in gioco e di
puntare all’obiettivo prefissato qualche anno prima: la Serie A. La
nostra cavalcata si è fermata tempo fa, con la pandemia che ha
colpito il mondo intero e che non ci ha permesso di festeggiare
tutte insieme sul campo. Abbiamo anche quest’anno dominato,
consapevoli della nostra forza di gruppo in campo e fuori; e qualche giorno fa è arrivata la tanto attesa ufficialità: il Napoli femminile è di nuovo in Serie A!!!
Caro Napoli, sono stata dunque il capitano di una squadra, che
dalla serie C, è ritornata in serie A, ma che oggi non indosserà la
maglia azzurra, e non potrà più vedere il suo nome sulla
maglia numero 2.

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“Non rientri tecnicamente nei progetti del mister” questo mi è
stato detto, quindi, l’amarezza di sentirsi dire di non essere
all’altezza delle mie compagne che sono state riconfermate,
anche di chi il campo lo ha visto poco o niente.
Ma ora mio Caro Napoli, ti racconto anche un’altra verità. E
ancora una volta, non mi tiro indietro e ci metto la faccia. Tutto ha inizio l’estate scorsa, quando in società c’è una rivoluzione con nuovi uomini nel settore tecnico, e il mister,
riconfermato, ci tranquillizza da tutti i punti di vista.
Naturalmente, facendomi credere di essere pedina inamovibile
per lui, comincio a fidarmi, e “mi schiero” dalla sua
parte, sostenendolo in ogni sua decisione, come deve fare un vero
capitano. Lui mi riferisce, che grazie alla sua tutela, non mi hanno
fatta fuori, pur essendo questa la volontà societaria.
Nascono in me i primi dubbi e incertezze avallate da tutte le sue
parole riferite sin dall’inizio, prima ancora di rifirmare e
continuare questa avventura. Nonostante fosse una squadra
rivoluzionata, tutta nuova, con poche napoletane che hanno
sempre saputo gestire qualsiasi situazione e trasmettere l’amore
e l’attaccamento alla maglia, la realtà dimostra che il gruppo c’è, e
questo si nota già nelle prime partite quando arrivano le prime vittorie.
Tuttavia non è stata però una stagione semplice, ricordavo
sempre a me stessa di dover dimostrare ai nuovi arrivati il mio
vero valore, con la pressione e la paura di non essere ben vista agli occhi loro; anche infortunata, non mi sono mai tirata indietro,
proprio per sembrare forte agli occhi di chi, sempre per le parole
del mister, non credesse nelle mie capacità.
Caro Napoli, puoi capire, quindi, che vivere in queste condizioni
non sia stato affatto semplice per me. Dopo partite da titolare mi
ritrovo in panchina senza motivo e senza una spiegazione.
Accetto la situazione serenamente, in fondo, ne ho fatte di
panchine che mi hanno aiutato a crescere sotto tutti i punti di
vista. E ancora panchina, panchina… A un certo punto non ero più
considerata dal mister, né come calciatrice, né tanto più, come
capitano. Nessuna parola, nessun gesto nei miei confronti, mi
sono sentita l’ultima arrivata, una estranea. All’ennesima sua
provocazione e all’ennesima panchina, sempre senza una
motivazione, i nervi saltano e commetto il mio unico errore in 12
anni. Un gesto irrispettoso, lo so. Durante una gara di
campionato, alzarsi dalla panchina e andarsene anzitempo negli
spogliatoi, non è affatto un gesto carino, né nei confronti delle
mie compagne, né della società e dello staff tecnico. Un gesto che
riconosco e per il quale chiesi e chiedo ancora oggi umilmente
scusa, scusa davanti a tutti, e sottolineo tutti, compagne, staff e
società. Come è giusto in questi casi, vengo punita e pago la mia
“pena” allenandomi con la squadra Primavera. In questo mese
ricevo tanto supporto, un po’ da tutti, tranne dalla persona di cui
mi ero fidata in questi anni. E’ proprio lui che al mio rientro nella
rosa della prima squadra, continua a trattarmi come una nullità,
evitando il mio saluto e il confronto; ovviamente parlare con me
avrebbe scoperchiato il pentolone, quindi ha preferito il silenzio.
Lui, che ha preferito l’omertà e la
sottomissione per giustificare lo scarso o l’assenza totale di
impiego di alcune atlete. Lui col quale telefonicamente ho avuto un forte diverbio e
che mi ha rinfacciato una frase di Pirandello sulle maschere,
pubblicata sui miei social, e che era stata scritta in occasione di
un evento della mia vita privata extra-calcistica. Perché si è
sentito in ballo? Forse a causa della sua insicurezza e della nomea
di “uomo” non coerente e bugiardo nel mondo calcistico
campano? Lui che voleva ulteriori scuse da me. Ma perché poi?
Non le avevo già fatte il giorno dopo nello spogliatoio davanti a
tutti, lui compreso?
Insomma, per rimanere con te Napoli, mi sarebbe bastato
chiedergli ancora una volta scusa. Io chiedo scusa a te caro
Napoli, ma non voglio perdere la mia dignità e la mia personalità.
Ma se per giocare ancora con te Napoli, il prezzo da pagare é
scendere a compromessi con il mister, mi rassegno e preferisco
esser mandata via.
Sono orgogliosa perché la mattina posso guardarmi allo specchio,
non so, se lui possa fare lo stesso, soprattutto dopo l’episodio
incriminato della semifinale di Coppa Italia persa con una
formazione con giocatrici fuori ruolo.
A questo punto mi chiedo, dove sono finiti i veri valori del calcio
femminile?
Caro Napoli, ti prego, non cedere al business di questo sport, ma
fai valere ancora la passione e l’attaccamento a questa maglia.
Non mi maledire, chiedo scusa a te e a chiunque indosserà questa
maglia, ma mi risulterà difficile sostenerti finché ci sarà lui sulla
panchina.

Siamo ai saluti; di solito le lettere si chiudono con un grazie, non
questa, purtroppo. Concludo dicendo: non c’è di che, prego di
tutto!!!”

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