Pompei continua a stupire il mondo. Un nuovo “tesoro” è stato scoperto nel corso degli scavi della villa di Civita Giuliana. Si tratta di un carro da parata, dipinto di rosso e rivestito da decorazioni a tema erotico, destinato forse al culto di Cerere e Venere o più probabilmente ad un’aristocratica cerimonia di nozze. La notizia del ritrovamento arriva dall’agenzia stampa Ansa che, in esclusiva, ha annunciato al mondo la scoperta.
“Per l’Italia un unicum- ha anticipato all’ANSA Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologico e responsabile scientifico dello scavo – una scoperta di grandissima importanza per l’avanzamento della conoscenza del mondo antico”. “Pompei continua a stupire con le sue scoperte e così sarà per molti anni e con venti ettari da scavare”, commenta il ministro della cultura Dario Franceschini. “Ma soprattutto dimostra che si può fare valorizzazione, si possono attrarre turisi da tutto il mondo e, contemporaneamente, si può fare ricerca, formazione e studi.
Potrebbe trattarsi, spiega Osanna, di un Pilentum, ovvero quello che le fonti antiche descrivono come un carro cerimoniale, un veicolo usato solo dalle élites e soltanto in contesti cerimoniali. “Uno così in Italia non si era mai visto. Il confronto si può fare unicamente con una serie di carri ritrovati quindici anni fa in una tomba della Tracia, nella Grecia settentrionale al confine con la Bulgaria”, dice Osanna. Uno in particolare di questi carri traci, precisa, “assomiglia molto al nostro, ma non è decorato”.
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I pilenta, citati da Claudiano e altri, potevano appunto essere dipinti in azzurro o in rosso, come nel caso del reperto pompeiano. Riservati alle classi più abbienti, servivano per i culti religiosi, ma erano un po’ come un’automobile di alta rappresentanza. Il ritrovamento di questi giorni riapre quindi il mistero sui proprietari di questa grande villa costruita alle porte della città antica che oggi si sta riportando alla luce anche per fermare lo scempio dei tombaroli, che negli anni passati attorno a queste stanze hanno scavato cunicoli e cunicoli depredando e distruggendo. E che oggi sono sotto processo, seppure ancora a piede libero (La casa di uno degli accusati si trova proprio sul terreno nel quale si sta scavando) grazie alle indagini ancora in corso da parte della Procura di Torre Annunziata, guidata da Nunzio Fragliasso.
“Una villa molto grande e particolarmente preziosa per le indagini storiche, perché a differenza di tante altre che erano state svuotate dalle ristrutturazioni seguite al terremoto del 62 d. C., nei giorni dell’eruzione era ancora abitata”, ricorda Osanna. Si tratta, per intenderci, della stessa dimora nella quale qualche mese fa sono stati ritrovati i resti di due uomini, forse un signore con il suo schiavo, che gli archeologi del Parco hanno ricostruito con la tecnica dei calchi. E proprio qui, in una stalla a pochi passi dal portico che alloggiava il carro, sono venuti alla luce nel 2018 i resti di tre cavalli, uno dei quali sontuosamente bardato, pronto, sembrava, per mettersi in cammino. Senza parlare dell’affresco con graffito il nome della piccola Mummia, forse una bimba di casa, emerso su un altro muro, sempre a poca distanza.
Il ritrovamento del carro appare quindi come una nuova, preziosa tessera nel complicato puzzle di questa storia. Tanto più che non doveva essere nemmeno l’unico, perché nel processo attualmente in corso un testimone ha menzionato la presenza di un altro carro anche questo con ricche decorazioni, finito purtroppo nelle mani dei predoni e poi sparito. L’interrogativo però rimane: a cosa serviva questo pilentum decorato e scintillante come un gioiello? Chi erano davvero i ricchi padroni di questa tenuta che con le sue favolose terrazze arrivava fino al mare?
“Sulla cenere indurita rimossa da uno dei due sedili abbiamo trovato impronte di spighe di grano”, rivela Osanna. Un particolare, chiarisce, che potrebbe far pensare al culto di Cerere, che a Pompei veniva onorata insieme a Venere, e quindi “alla presenza nella villa di una sacerdotessa di questi culti”. Ma non solo. Perché più semplicemente, dice, potrebbe trattarsi di un augurio di fertilità: “Le spighe sul sedile potrebbero essere l’indizio di un matrimonio celebrato da poco o che era pronto per essere celebrato.” Il mistero su chi fossero i padroni di casa, insomma rimane. Sebbene a sostegno della seconda ipotesi, ovvero quella delle nozze imminenti o appena celebrate, sembra spingere in qualche modo anche la natura decisamente erotica delle raffinate decorazioni in stagno applicate sul supporto di bronzo per ornare il retro e le fiancate del carro: una serie di amorini e di coppie di satiri e ninfe impegnate in appassionati amplessi. Saranno i restauri, già avviati nel laboratorio del Parco, e gli studi, certo, a chiarire di più. Ma intanto, conclude Osanna, “visto che le fonti antiche alludono all’uso del pilentum da parte di sacerdotesse e signore, non si esclude che potesse trattarsi di un carro usato per condurre la sposa nel nuovo focolare domestico”.