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giovedì, Maggio 2, 2024
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STRAGE DI RAGAZZI DOPO LA DISCOTECA
Quattro morti: tutti di Caivano. Ferito 35enne di Marano

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NAPOLI. Tornavano da una notte trascorsa in discoteca i quattro giovani morti nell’incidente stradale avvenuto ieri mattina, alle 5,40 sulla strada 265 tra Maddaloni ed il casello di Caserta Sud. I morti sono Antonio Mormile e Antonio D’Amico, entrambi di 25 anni, Vincenzo Caruso ed Antonio Angelino, entrambi di 20 anni, tutti di Caivano.
La loro auto, una Ford Fiesta, si è scontrata frontalmente con un furgone Fiat 35 Turbo Daily il cui conducente è rimasto lievemente ferito. Nell’impatto, particolarmente violento, la Ford Fiesta si è completamente accartocciata: tre ragazzi sono morti sul colpo, il quarto pochi minuti dopo all’ospedale di Maddaloni. I quattro giovani sono rimasti intrappolati tra le lamiere e soltanto l’intervento dei vigili del fuoco ha consentito di liberarli. Ma Antonio Mormile, il coetaneo Antonio D’Amico e il ventenne Vincenzo Caruso sono morti sul colpo. Antonio Angelino, 20 anni, è invece deceduto, come detto, durante il trasporto all’ospedale di Caserta.
Ora toccherà ai carabinieri della compagnia di Maddaloni ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente per chiarire le responsabilità dell’accaduto. Il tratto di strada dove è avvenuto lo scontro è stato completamente chiuso al traffico fino alle 9.30 per permettere la rimozione dei mezzi e la pulizia dell’asfalto.
La verità sul tremendo incidente potrà arrivare solo dall’unico sopravvissuto, il 35enne Raffaele Palmieri, un macellaio di Marano che era alla guida del furgone Turbo Daily che si è scontrato con la Ford Fiesta.
Palmieri se l’è cavata con ferite non gravi. È all’ospedale di Caserta, per lui un mese di cure. Ora è sotto choc. Il furgone che guidava si è scontrato con la vettura che, molto probabilmente veniva in direzione opposta e a forte velocità.



InterNapoli news




MADDALONI, STRAGE DI RAGAZZI


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DALL’INVIATO DEL MATTINO

ROSARIA CAPACCHIONE


Maddaloni.
Forse un sorpasso azzardato, l’ultimo colpo sull’acceleratore prima di arrivare a casa, mezzi assonnati e con la musica ancora nella testa. Forse la velocità elevata, con l’auto che sbanda e il volante che non risponde. Forse l’uno e l’altra, con la stanchezza che rallenta i riflessi e la voglia di infilarsi nel letto prima che faccia giorno. Forse si saprà oggi che cosa è successo su quel tratto maledetto della statale 265, quella che collega i Ponti della valle di Maddaloni con il casello di Caserta sud, otto chilometri di rettilineo pericoloso che in tre anni ha fatto già ventuno morti. Vittime alle quali ieri mattina, alle 5 e 40, se ne sono aggiunte altre quattro: tutte di Caivano, giovani che avevano trascorso la nottata a una festa, in una discoteca di Arienzo, «La chimera». Una comitiva di nove persone, otto ragazzi e una ragazza, a bordo di tre auto, che dopo la musica avevano fatto sosta in un bar per un cornetto e un cappuccino prima di riprendere la strada del ritorno.
A guidare la fila una Opel Corsa; dietro, una Ford Fiesta color amaranto di cui è rimasto solo la lamiera accartocciata; più dietro ancora, una Golf. Sono stati gli occupanti dell’ultima vettura a vedere gli amici che li precedevano sbandare e poi scontrarsi sulla doppia striscia di mezzeria con un furgone Fiat 35 Turbo Daily, che arrivava dalla direzione contraria e viaggiava quasi a metà della carreggiata: un impatto violentissimo. E sono stati sempre loro a dare l’allarme, a fermare i ragazzi della Opel Corsa, a prestare i primi soccorsi mentre aspettavano l’ambulanza. Dal furgone è sceso l’autista, Raffaele Palmieri, 35 anni, macellaio di Maddaloni, insanguinato e sotto choc. E anche lui, poi ricoverato in ospedale con una prognosi di trenta giorni, ha provato a tirare fuori dalle lamiere contorte i corpi dei quattro occupanti della Fiesta.
Ci sono riusciti, dieci minuti più tardi, gli infermieri e i vigili del fuoco, e hanno estratto i cadaveri di Antonio Mormile, 25 anni, autotrasportatore, che era alla guida; Antonio D’Amico, 25 anni, operaio; Vincenzo Caruso, 20 anni, studente. Antonio Angelino, pure lui ventenne e studente universitario, respirava ancora ma è morto sulla strada che porta all’ospedale di Caserta.
Una scena penosa e raccapricciante: vetri, sangue e pezzi di carrozzeria sono schizzati sull’asfalto per decine di metri. I carabinieri hanno dovuto chiudere al traffico la strada per alcune ore (la circolazione è ripresa dopo le 9 e mezza) per permettere la rimozione dei mezzi e la pulizia delle due carreggiate. Ma per tutta la giornata le tracce dell’incidente sono rimaste visibili. E ai frammenti si sono poi aggiunti i fiori, posati quasi accanto ai manifesti funebri che ricordano, in occasione del trigesimo, la scomparsa di Vincenzo, Gennaro e Domenico, morti in due tragici incidenti che si sono verificati sulla stessa statale 265 poco più di un mese fa. Uccisi dalla velocità, nonostante i limiti che vanno dai 50 ai 70 chilometri orari, dalla visibilità limitata in alcuni tratti, dalle curve pericolose.
Nel giorno dei funerali dei quattro giovani, a Caivano, dove abitavano le vittime, sarà proclamato il lutto cittadino. Lo ha annunciato il sindaco Domenico Semplice. «È una tragedia che ha colpito tutta la nostra comunità – spiega il primo cittadino – Noi, come amministrazione, vogliamo essere vicini alle famiglie provate da questo grande dolore». Oggi il sindaco Semplice si recherà personalmente a casa delle famiglie delle quattro vittime «per dire loro che non sono sole in questo momento tristissimo». Secondo il sindaco «per scongiurare le ricorrenti stragi del sabato sera è davvero necessario intensificare i controlli».




«Lo sballo non c’entra, erano ragazzi tranquilli»



DALL’INVIATO DEL MATTINO

ANTONELLA LAUDISI



Caivano.
«Il telefono della persona chiamata potrebbe essere spento…». Quel numero l’ha fatto e rifatto per ore la mamma di Antonio Mormile. Fino a quando, intorno alle 8, un conoscente non ha bussato alla loro porta: «C’è stato un incidente, Antonio è all’ospedale, dovete andare a Caserta». Da Pascarola al capoluogo di Terra di Lavoro c’è solo qualche chilometro; troppo pochi per una speranza. Una manciata di minuti. Poi non c’è stato che dolore.
Lo strazio silenzioso della famiglia Mormile (Antonio era alla guida dell’auto «che aveva comperato un mese fa», dice il papà) che è uguale a quella dei D’Amico, dei Caruso, degli Angelino: ciascuna ha perso un figlio, ognuna piange anche per gli altri. Perché se «il dolore degli altri è dolore a metà», qui ci sono quattro famiglie che condividono lo stesso insopportabile peso: quattro vite spezzate, i loro figli.
E poi c’è la folla di parenti, amici e conoscenti che è pronta a farsi carico di tanta sofferenza. Nei paesi, seppure grandi quanto Caivano, che di abitanti ne ha quarantamila, è così. Lo spiega don Michele Mottola, il parroco di Santa Barbara: «Ai familiari delle vittime porterò la solidarietà dell’intera comunità parrocchiale». E aggiunge: «Siamo costernati, ai giovani dico che bisogna sempre prestare tanta attenzione. Talvolta basta un evento inaspettato, per far sì che una serata di festa si trasformi in un giorno di morte e di sangue. Incidenti del genere, purtroppo, non sempre sono imputabili alla fatalità. Tutti insieme dobbiamo fare in modo che sia salvaguardata la vita dei più giovani. Mettiamoci insieme, discutiamo e individuiamo le soluzioni possibili per scongiurare queste stragi».
Anche il parroco di Pascarola, la frazione dove vivevano due dei giovani morti, si associa alla preghiera «perché fatti del genere non funestino più le famiglie».
Sulle scale della casa di Vincenzo Caruso, un rosario di ragazzi, tutti in fila, capo chino: «Eravamo usciti insieme – raccontano – Sulla strada del ritorno loro avevano deciso di fermarsi a un bar, noi abbiamo proseguito. Stamattina poi ci hanno avvisati di quello che era successo. E adesso non mettete in mezzo lo “sballo” non siamo ragazzi che si drogano o che bevono». La zia di Vincenzo ha un ordine che non intende trasgredire: nessuno passi, nessuno si avvicini ai genitori: «È un dolore troppo grande. Non hanno neppure potuto vederlo Vincenzo». Vent’anni, lo immaginavano già ingegnere, facevano progetti per quel ragazzo che si era appena iscritto all’università.
È un lutto che stringe in egual modo le famiglie dei quattro giovani; le storie personali contano poco. Antonio Angelino (l’altro studente della comitiva, l’unico che non è morto sul colpo, anche se non è arrivato vivo in ospedale), Antonio D’Amico (lavorava già, «era un bravo ragazzo», dice chi lo conosceva), Antonio Mormile, Vincenzo Caruso: «Ci mancheranno – dicono gli amici di sempre – Ci mancano già».



IL MATTINO 4 OTTOBRE – PAG. 11

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