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venerdì, Aprile 26, 2024
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CALDO KILLER: DUE MORTI NELL’AFA DI NAPOLI. TRAGEDIA A VARCATURO

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Due morti sospette. Due persone che all’apparenza non avevano problemi di salute, appena cinquantenni: «arresto cardiocircolatorio», scrivono i medici come causa del decesso, prendendo atto che il cuore si è fermato. Colpa di questa ondata di caldo eccezionale? Molto probabile, è il giudizio dei sanitari. Salvatore Esposito, 48 anni, operaio dell’Asìa in servizio presso l’autoparco di via Nuova delle Brecce (Barra). Mentre è nello spogliatoio a cambiarsi, prima di salire sul camion per il turno di raccolta rifiuti, si accascia al suolo e batte la testa. Un’ambulanza lo trasporta al Loreto Mare: all’arrivo in ospedale, è già privo di vita. Per Nicola De Dominicis, 51 anni, la tragedia si consuma sulla spiaggia di Varcaturo. Sulle due vicende la magistratura (pm di turno Paolo Sirleo) ha aperto un fascicolo, non si esclude che venga disposta l’autopsia per avere chiarezza sulla circostanze dei decessi. Due morti in una domenica di caldo record che, tra i vari segnali d’allarme, ha fatto registrare un picco di interventi per edema polmonare. Con questa patologia (definita «severa» dagli addetti ai lavori) quindici persone sono state ricoverate ieri mattina, nel giro di un paio d’ore, nei reparti medicina d’urgenza degli ospedali Cardarelli Loreto mare e San Giovanni Bosco. Quasi tutte le richieste di soccorso sono arrivate dalla zona del Vomero – spiega il medico di turno al servizio ”118” – quando l’afa raggiunge livelli come questi, l’afa l’edema polmonare è un problema piuttosto frequente tra gli anziani. Ed è un problema molto serio, da affrontare tempestivamente con il trasporto in strutture specializzate, perché può mettere in pericolo la vita del paziente». Ritmi serrati negli uffici della centrale di coordinamento dei soccorsi, ma di situazione critica si preferisce ancora non parlare: «Se il numero degli interventi giornalieri per malori provocati dalle temperature elevate sta aumentando in modo esponenziale – dicono gli operatori – quello complessivo riesce a mantenersi quasi stabile perché, nello stesso tempo, stanno calando le richieste per problemi di altro genere». Altra emergenza legata all’ondata di caldo, sia pure in via indiretta, quella delle ustioni provocate dall’eccessiva esposizione al sole o all’uso di prodotti abbronzanti «fatti in casa» che, anziché proteggere la pelle, la danneggiano. Un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani e in modo particolare le ragazze. Al numero verde istituito dalla Provincia per raccogliere notizie sull’allarme afa (800.343.453) sono già arrivate molte segnalazioni di questo genere, tant’è che l’assessore alla protezione civile Francesco Borrelli ha ritenuto opportuno chiedere la collaborazione dei titolari degli stabilimenti balneari perché tengano «sotto controllo» i loro clienti e li invitino a non tenere comportamenti nocivi per la loro salute. Nel frattempo torna ad accendersi il segnale d’allarme per lo smog. Dopo qualche giorno di relativa quiete, con le centraline di monitoraggio che registravano valori molto più bassi della soglia di attenzione, dagli impianti del Cria (Centro regionale inquinamento atmosferico) arrivano notizie poco confortanti. Nella giornata di sabato la concentrazione delle polveri sottili, o pm10, è tornata su valori vicini al limite massimo fissato dalla legge in 50 microgrammi per metro cubo d’aria: 50 a Capodimonte (Osservatorio astronomico), 42 al Vomero (piazza Vanvitelli). «Se nelle prossime ore la soglia dovesse essere oltrepassata – annuncia Rino Nasti, assessore comunale all’ambiente – i napoletani dovranno tenersi pronti al blocco totale del traffico, che in base alle nuove norme disposte da Palazzo San Giacomo scatta in automatico dopo due sforamenti consecutivi».


PAOLA PEREZ



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«Quell’ambulanza è arrivata troppo tardi»



«Mezz’ora per avere un’ambulanza. È una vergogna, uno scandalo. Il nostro compagno di lavoro, forse, poteva essere salvato». Operai e ispettori dell’Asia in servizio presso l’autoparco di via Nuova delle Brecce, a Barra, non sanno darsi pace. Hanno visto morire Salvatore. Hanno cercato disperatamente di riportarlo in vita, mentre la vita gli scappava via, con la respirazione bocca a bocca. E adesso, straziati dal dolore, si chiedono il perché di una fine che pare assurda – un amico così giovane, e sano, perduto all’improvviso – e denunciano i ritardi nelle operazioni di soccorso. Trenta minuti, dicono. Non più di dieci, ribattono gli operatori del «118», che all’arrivo nello stabilimento sono stati accolti con una valanga di insulti e, pare, anche con qualche schiaffo. «Facevamo coppia fissa – ricorda P., con le lacrime agli occhi – stamattina, come tutte le mattine, Salvatore è entrato nello spogliatoio per mettere la tuta e cominciare il turno sul camion di raccolta dei rifiuti. Mentre si allacciava le scarpe si è accasciato al suolo, battendo la testa con violenza. Non si muoveva, non dava un minimo segno di reazione, e dal capo gli usciva tanto sangue. Preso dal panico, ho chiesto aiuto in giro. Un collega più esperto nelle tecniche di rianimazione ha cercato di far tornare il respiro a Salvatore, ma non c’è stato nulla da fare. Nel frattempo qualcuno ha chiamato il 118. Mezz’ora più tardi, però dell’ambulanza non si vedeva ancora l’ombra. Così abbiamo telefonato ai carabinieri. E solo dopo quella telefonata, finalmente, è arrivato il mezzo di soccorso a sirene spiegate. Con la scorta dei militari». Dalla centrale operativa del «118» una diversa ricostruzione dei fatti. «Nelle nostre schede sono registrati l’orario della richiesta d’aiuto e l’orario in cui il paziente è salito sull’ambulanza – spiega il medico di turno – tra questi due momenti non sono passati più di dieci minuti. Un intervallo ”normale”, il tempo necessario per allertare il mezzo e farlo arrivare a destinazione. Chi è in ansia per la sorte di una persona cara può giudicare quest’attesa interminabile, come credo sia successo nel caso degli operai Asìa. Varcato il cancello dello stabilimento, il nostro personale è stato accolto in malo modo. Insulti, spintoni, schiaffi: per calmare gli animi e sedare la rissa è stato necessario l’intervento dei carabinieri. Anche questi ”incidenti”, purtroppo, fanno parte del nostro mestiere». Sulla tragica morte di Salvatore Esposito si aprono, intanto, altri interrogativi. «Chiederemo subito un’ispezione nello spogliatoio – annunciano i delegati sindacali dell’autoparco – che, a nostro parere, non è a norma dal punto di vista della sicurezza. Quel locale è troppo angusto. Non c’è aria, lì dentro non si respira. Resta chiuso tutta la notte e quando bisogna entrarci dentro la mattina, con questo caldo, ci si trova in una specie di inferno».
p.p.




La sorella: un uomo sano, poteva essere salvato



di MARCO DI CATERINO




«Mio fratello era forte e pieno di salute. Dobbiamo capire bene, il perchè di questa morte inspiegabile e per molti versi oscura». Ciro Esposito, il fratello di Salvatore – l’operaio dell’Asia morto domenica mattina in circostanze misteriose, forse a causa di un micidiale mix di ozono, umidità, fatica e il gran caldo – ha il volto pallido, increspato da mille rughe, e lo sguardo perso dietro pensieri bui. «Questa mattina, prima di uscire aveva chiesto alla moglie di telefonarmi per pranzare insieme. La domenica, gli piaceva stare con qualcuno della famiglia. Ora è morto e qualcuno deve spiegare a Nunzia, Antonio e al piccolo Francesco perchè il loro papà non tornerà più a casa». Il cancello dell’isolato C4 del parco Verde di Caivano, dove abitava Salvatore Esposito, è chiuso a metà, e su un montante di ferro qualcuno ha attaccato un foglio dove c’è scritto: «A causa della morte del signor Salvatore Esposito». Nel capannello di uomini, scesi a fumare una sigaretta, ci sono i tre cognati di Salvatore che abbracciano Ciro Esposito. I familiari parlano a voce bassa, stringono decine di mani. È un dolore composto e sfumato, che forse mai ti aspetteresti in questo quartiere. Ma su al terzo piano, Consiglia Remes, la moglie dell’operaio morto, è invece il centro di un dolore urlato, e di domande gridate che inevitabilmente restano senza risposte. La signora Consiglia si muove come un automa. Accarezza il piccolo Francesco, 13 anni, legatissimo al papà, mentre Antonio che di anni ne ha 20 e la sorella Nunzia, 24, si stringono forte e piangono in silenzio. «Ho saputo – dice ancora Ciro – che i compagni di lavoro di mio fratello hanno denunciato il gravissimo ritardo con il quale è arrivata l’ambulanza. È mai possibile che siano trascorsi più di trenta minuti prima che ricevesse un aiuto medico?». Tutt’intorno è un annuire silenzioso. «Mio cognato era un uomo perbene. Amava anche il lavoro che faceva, perchè diceva sempre che quando si lavora, si può tenere alta la testa, educare come si deve i figli, e andare con l’animo sereno a Messa la domenica. Ora non c’è più». I familiari dell’operaio, anche in previsione dell’autopsia, disposta dalla magistratura, si rivolgeranno ad un legale. Soprattutto per capire e dare un senso a questa morte misteriosa.



IL MATTINO 26 GIUGNO 2006

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