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MELITO. CENTOCINQUANTA FAMIGLIE E TRENTA GIORNI PER ANDARE VIA

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Incredule, confuse, sconvolte. Intere famiglie che risiedono nel parco Guerra, il giorno successivo al blitz della finanza, fissano il decreto che gli è stato consegnato: «Locale sottoposto a sequestro». Da due giorni, l’ordine della Procura ricorda ai malcapitati, che entro 30 giorni dovranno sgomberare le loro case. «Chi ci risarcisce ora?», domandano gli inquilini. Il raggiro, fruttato 30 milioni di euro ai fratelli costruttori, colpisce infatti direttamente i residenti e le giovani coppie che avevano versato lauti anticipi e ora attendevano solo la consegna delle chiavi. Dal 2001 sposi, pensionati, operai, dipendenti pubblici, si erano rivolti all’impresa costruttrice per acquistare uno di quegli appartamenti di circa 100 metri quadrati. Dai duecentomila euro in su, per realizzare il sogno di un’intera vita, inconsapevolmente comprato in un’area interamente abusiva. È quanto si evince dalle ricostruzioni effettuate dagli inquirenti della Procura della Repubblica e della fiamme gialle, secondo cui, al posto del parco Guerra, dovevano sorgere degli opifici artigianali. Ma i costruttori del complesso, ottenute venti licenze dal comune, costruirono 150 immobili. Trentuno persone tra amministratori comunali e liberi professionisti, sono ora indagate per reati che vanno dall’associazione a delinquere, ai falsi in atti pubblici, abusi di ufficio, truffa aggravata ai danni dello stato, e lottizzazione abusiva. A parlare è uno degli assessori dell’allora giunta comunale retta da Antonio Amente, Marcello Curzio: «Sarà la legge a dimostrare la mia totale estraneità rispetto a queste ipotesi di reato. Come componenti della giunta, noi eravamo solo invitati a firmare documenti i cui contenuti peraltro, non erano di mia competenza». Ma quelle convenzioni non dovevano neanche finire tra le mani degli assessori, secondo la legge, ad approvarle doveva essere il consiglio comunale. Le concessioni per opifici non furono neanche mai trasmesse agli organi di controllo preposti, e, con il parere favorevole della commissione edilizia del comune, finirono nelle mani dei fratelli Guerra che diedero inizio ai lavori. Uno dei corpi di fabbrica era stato sequestrato già nel 2001 per difformità di licenza. Poi il condono e il dissequestro. La vendita degli immobili, il compromesso, una consistente caparra, la prima rata del mutuo, tutto sembrava regolare. Poi invece, l’altra mattina il blitz della Finanza. «Non avremmo mai pensato che dietro tante difficoltà si nascondesse una truffa del genere – parla uno dei residenti, 60 anni, operaio da quando ne aveva 20 – la mia preoccupazione maggiore ora, è quella di non riuscire a lasciare nulla ai miei figli». Evidente la diffidenza delle vittime rispetto alla garanzia di vedersi restituire i risparmi di una vita investiti in quelle mura abusive, attraverso i beni sequestrati alle società riconducibili ai costruttori del complesso. La notizia non tranquillizza i proprietari. Il rammarico di essere ignari compratori di una casa destinata all’abbattimento anche se pagata con la fatica vera, accomuna tutti i proprietari che ora preparano allo sfratto. Un mese, il tempo concesso dalle autorità, ma in molti si sono già rivolti ad un legale.


MONICA D’AMBROSIO
IL MATTINO – 04 NOV. 2006

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