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venerdì, Aprile 26, 2024
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I delitti più efferati di sempre. Il particolare agghiacciante, sono quasi tutti irrisolti: i dettagli

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La storia d’Italia è scandita, specialmente negli ultimi decenni, da orribili pagine di cronaca nera destinati a rimanere impressi a lungo nella memoria collettiva: delitti efferati, alcuni dei quali non del tutto risolti in sede giudiziaria, che hanno sconvolto l’opinione pubblica monopolizzando l’attenzione di stampa e televisioni fino a creare talvolta un clima di allarmismo e psicosi di massa.

Uno degli omicidi in assoluto più cruenti, raccontato dai mass media in maniera molto precisa e circostanziata, risale al 2001 e vede come protagonista una ragazza di 16 anni di nome Erika De Nardo, spietata nel trucidare a coltellate la madre e il fratellino (salvo per puro caso il padre) insieme al fidanzatino Omar Favaro senza un movente preciso secondo gli inquirenti.

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Il delitto di Garlasco risale al 13 agosto del 2007 e ha dato vita ad una interminabile vicenda giudiziaria culminata nella condanna in via definitiva di Alberto Stasi, rimasto sotto accusa fino al 2015 per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi (uccisa con un oggetto contundente non identificato), il cui corpo senza vita insanguinato venne rinvenuto dagli uomini della Polizia all’interno dell’abitazione di famiglia.

Il 30 gennaio del 2002 Annamaria Franzoni uccideva in preda a un raptus di ferocia incontrollato, il piccolo figlio Samuele Lorenzi ferendolo a morte con un’arma da taglio poi sequestrata dagli investigatori: la terribile scena del crimine della villetta di Cogne ha per diversi anni appassionato gli esperti di cronaca nera aprendo la strada ad un nuovo (per certi versi “morboso”) filone del giornalismo nazionale.

Amara e paradossale è apparsa agli occhi dell’opinione pubblica la vicenda giudiziaria seguita al delitto dell’Olgiata, compiuto dal domestico filippino Winston Manuel il 10 luglio del 1991 ai danni della contessa Alberica Filo della Torre in circostanze solo apparentemente controverse che la Procura della Repubblica ha tinto di giallo prima di arrivare alla verità 20 anni dopo l’omicidio.

Le indagini sulla morte di Simonetta Cesaroni, giovane e bella segretaria di uno studio commerciale a Roma assassinata con un’arma bianca da punta e taglio il 7 agosto del 1990 in un palazzo di via Poma probabilmente per motivi passionali, si sono rivelate una pagina infelice della giustizia italiana: gravi errori e incongruenze nell’inchiesta hanno ostacolato la ricerca della verità e il principale imputato (l’allora fidanzato Raniero Busco) è stato assolto dopo una condanna a 24 anni di reclusione.

Andando ancora indietro nel tempo, non si può dimenticare l’incubo del “Mostro di Firenze” (il contadino Pietro Pacciani secondo quanto accertato non senza contraddizioni in fase processuale dai giudici) che tra il 1968 e il 1985 lasciò una profonda scia di sangue nel capoluogo toscano trucidando insieme a più o meno misteriosi “compagni di merende” coppie di fidanzati le cui parti intime venivano sezionate con inaudita crudeltà.

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