Avevano anche le mani negli ospedali gli esponenti del clan Lo Russo. E’ quanto emerge nell’intercettazione che ha portato all’azzeramento delle nuove leve.
«Ci compriamo i posti di lavoro agli ospedali e li giriamo ai nostri affiliati. Una volta il nostro gancio li affidò ad un nostro nemico e noi decidemmo di picchiarlo ferocemente». Sono queste le prime accuse di Antonio De Simini, il boss del clan Lo Russo di Miano a Napoli che ha deciso di collaborare con lo Stato come avevano deciso mesi prima i suoi ex capi: Carlo, Mario, Salvatore e Antonio Lo Russo. Ecco le dichiarazioni rilasciate lo scorso 15 aprile – riportate da Il Roma: «Sono stato affiliato al clan Lo Russo, sono legatissimo in particolare ad Antonio Lo Russo di Peppe ma anche a Tonino Lo Russo di Salvatore che ho frequentato anche durante la sua latitanza in particolare sono stato con lui a
Foggia da Bruno Vitale dopo l’omicidio di Scognamiglio e Paolillo, da settembre del 2011 fino a dicembre . Per il clan Lo Russo mi sono occupato in particolare di droga,di armi e del settore delle estorsioni». Poi svela il primo affare inedito della cosca: il pizzo suoi fuochi d’artificio. «Quanto alle estorsioni mi riferisco in particolare a quelle del fuoco d’artificio e dei cantieri ed infatti sono stato anche arrestato per una estorsione, occasione durante la quale sono stato riconosciuto dalla polizia e dopo un periodo di latitanza sono poi stato arrestato».