Tra i due litiganti è sempre il terzo che gode. La battaglia del “copia e incolla” delle ordinanze negli uffici del Tribunale di Palermo, infatti, come effetto immediato, ha provocato un pasticcio nel pasticcio: il ritorno in libertà, cioè, di 28 presunti mafiosi dei 63 arrestati del blitz Montagna contro i clan dell’Agrigentino. Come è potuto accadere tutto ciò? I documenti di gip e Riesame coincidevano con quelli del pm. Inoltre, in un’ordinanza di annullamento degli arresti i nomi di due imputati sono stati scambiati. E, mentre i giudici litigano tra loro…
“In alcuni casi – si precisa – la bocciatura è dovuta al fatto che il Gip si sarebbe limitato a ripetere alcuni ampi passaggi della richiesta di arresto della Procura di Palermo”. Allora “la Procura non ci sta e presenta ricorso in Cassazione contro la scarcerazione di massa di quelli che ritiene ‘pericolosi uomini di Cosa nostra’”.
“Ora – è la ricostruzione della battaglia – si scopre che anche il Riesame, secondo i pm, avrebbe utilizzato il ‘copia e incolla’ per le posizioni di Vincenzo Cipolla e Angelo Di Giovanni, ritenuti affiliati ai clan di Favara e San Biagio Platani, ma scarcerati dopo il ricorso degli avvocati”.
“Paradossalmente, – si legge a conclusione del ricorso dei pm – quella stessa tecnica motivazionale che il Tribunale imputa al Gip come viziata, lo stesso organo giudicante la segue pedissequamente, tant’è che le ordinanze, chiunque sia il relatore o il collegio, sono redatte sostanzialmente in fotocopia; evidente effetto di quella stessa tecnica del cosidetto copia-incolla”.
E in questa battaglia a colpi di ricorsi, interviene la Procura generale della Cassazione, che “ha chiesto chiarimenti sulla vicenda alla Procura generale palermitana”.