L’Oms ha emesso un allarme epidemiologico di alto rischio per il virus Oropouche in America Latina.
Virus Oropouche
L’Oropouche appartiene al gruppo degli arbovirus, come la dengue, il chikungunya e lo zika. Per arbovirus (arthropod-borne virus) ci si riferisce a tutti quei virus che si trasmettono agli esseri umani e/o ad altri vertebrati tramite alcune specie di artropodi che si nutrono di sangue, principalmente insetti (mosche e zanzare) e aracnidi (zecche). Si tratta quindi di un virus che viene trasmesso all’uomo dalle punture di insetti, in particolare moscerini e zanzare. La febbre Oropouche è una delle arbovirosi più diffuse del Sudamerica.
I sintomi, nel caso di infezione, includono manifestazioni cliniche come febbre improvvisa, mal di testa, rigidità alle articolazioni, dolori e fastidi e, in alcuni casi, fotofobia, diplopia (visione doppia), nausea e vomito persistente. Possono durare generalmente da cinque a sette giorni. Per la completa guarigione tuttavia, talvolta si può aspettare anche intere settimane. La febbre Oropouche può, in rari casi, anche il sistema nervoso centrale, causando meningite ed encefalite.
In America Latina tra il 1 gennaio e il 30 luglio sono stati confermati 8.078 casi di Oropouche.
Di questi, 7.284 in Brasile (il 90% del totale), 356 in Bolivia, 290 in Perù e 74 sia a Cuba che in Colombia.
Il 65% del totale si è registrato nell’ Amazzonia brasiliana. Tuttavia, secondo l’Ops, la trasmissione autoctona o locale della febbre di Oropouche è stata registrata anche in 10 stati brasiliani al di fuori della regione amazzonica. Tra questi lo stato di Bahia, in cui si sono verificate due morti. Secondo l’Ops il rischio è in aumento a causa dei cambiamenti climatici, del disboscamento dell’Amazzonia, dell’urbanizzazione incontrollata e delle attività umane che impattano sull’habitat.
Glu esperti
A fare luce sulla sua larga diffusione c’è anche uno studio internazionale al quale hanno partecipato anche due ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
“Le nostre analisi hanno rivelato un rapido movimento del virus da nord a sud dal bacino dell’Amazzonia verso regioni storicamente non endemiche. Abbiamo – sottolinea lo studio prepubblicato sulla piattaforma ‘MedRxiv’ – identificato 21 eventi di ricombinazione, sebbene non sia ancora chiaro se l’evoluzione genomica del virus abbia permesso al virus di adattarsi alle condizioni ecologiche locali e di evolvere nuovi fenotipi di importanza per la salute pubblica”.
E un clima che non è più lo stesso potrebbe aver influito in maniera determinante sulla sua diffusione al di fuori della sua area: “Sia la recente rapida espansione spaziale che i primi decessi segnalati associati all’Oropouche sottolineano l’importanza di migliorare la sorveglianza a livello nazionale e continentale. Senza cambiamenti evidenti nella popolazione umana negli ultimi 2 anni, è possibile che l’adattamento virale, la deforestazione e i recenti cambiamenti climatici, da soli o in combinazione, abbiano spinto il virus Oropouche oltre il bacino dell’Amazzonia” conclude la ricerca.