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giovedì, Maggio 2, 2024
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Il nostro appello: disarmiamo Napoli

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di Luigi Ciotti Tano Grasso e Sandro Rutolo





Ci chiediamo spesso che cosa vuol dire legalità, cosa c’è dietro questa parola di otto lettere. A pensarci bene, questa parola dovremmo pronunciarla insieme ad altre due: libertà e diritti. Quando un camorrista impone ad un commerciante o ad un imprenditore di pagare il pizzo, la vittima non ha più diritti né libertà. Quando vivi in u quartiere dove «comandano» i camorristi, e a Napoli non ci sono zone franche, da Mergellina al Vomero, a Secondigliano, a Pianura, a Forcella, non sei più libero pur essendo tu una persona per bene e come te gran parte dei tuoi concittadini. Quando cammini per strada, con i tuoi sogni e i tuoi problemi, e incappi in una pallottola che ti uccide, ti hanno tolto il diritto più importante: il diritto di vivere. Vedete com’è piena di significati la parola legalità. E vedete quanto sia importante esigerla per uscire da quella arretratezza che ci tiene prigionieri, che non ci fa spiccare il volo verso il nostro futuro. Bisogna prenderne coscienza e isolare queste persone. Siano esse killer, semplici affiliati ai clan, manovali del crimine, disposti a tutto in nome del «bisogno». Non possiamo più permetterci di giustificare un bel niente, né concederci il lusso di non schierarci.
Disarmiamo Napoli, dunque. Impegniamoci tutti in questa battaglia perché la questione della legalità e della lotta alla camorra deve tornare ad essere la priorità. Di Napoli e per Napoli. Dell’Italia e per l’Italia. Napoli non può essere considerata una città normale. La lotta alla camorra deve diventare la dimensione quotidiana dell’impegno di tutti e non solo in occasioni drammatiche. Bisogna sempre tenere alto il livello di guardia. Da quanto tempo non sentiamo più parlare di mafia e camorra in televisione o sui quotidiani nazionali, se non quando mafia e camorra ci costringono a farlo perché lo hanno deciso loro? E, secondo voi, qual è la percezione che ne ricava un commerciante o un imprenditore che paga il pizzo? O un cittadino che deve compiere un reato? Che tutti pagano, e che quindi è normale che lui debba pagare, che forse è il caso di «convivere» con la mafia. E no, i mezzi di comunicazione hanno la grande responsabilità di aver ridimensionato i fenomeni criminali del nostro Paese. Anche perché il governo vuol dare la sensazione che la criminalità sia un problema risolto. Lo sappiamo tutti che non è così. Ma a anche a Napoli c’è chi pensa che sia meglio parlarne poco per non dare l’immagine della città ferita. Sagunto non è espugnata ma occorre darle speranza. E’ terribile come è morta Annalisa. Se, come dicono testimoni oculari, l’obiettivo dell’agguato di camorra, Salvatore Giuliano, avrebbe afferrato Annalisa per i capelli utilizzandola come scudo. Non sono mai esistiti gli uomini d’onore. Basta con questa storia. Sono farabutti e vigliacchi. Quelli che sparano nel mucchio e quelli che si fanno scudo con gli innocenti. Ma è proprio a due passi da dove è stata uccisa Annalisa che, a fine dicembre, un negozio prese fuoco. Un attentato. Lo sappiamo tutti che nella nostra città i commercianti e gli imprenditori pagano il pizzo. Secondo il Censis, nel Sud tre imprese su quattro sono sotto estorsione. Non c’è bisogno di eroi, e Napoli non è all’anno zero. Negli ultimi mesi sono nate tre associazioni antiracket. Ci sono tanti commercianti che denunciano e tanti camorristi in carcere, grazie alla collaborazione degli imprenditori con le forze dell’ordine. Tra un mese il Comune di Napoli sarà parte civile contro 15 presunti estorsori e affianco delle vittime del racket. Si tratta solo di una avanguardia. Ci vorrebbe una risposta di massa. Altre realtà ci dicono, infatti, che quando ci si mette insieme a denunciare e, soprattutto, quando lo Stato fa sua questa iniziativa non si corrono rischi. Ed è per questo che è terribile anche la morte a Torre Annunziata nel rione dei Poverelli di Matilde Sorrentino, una delle mamme-coraggio che denunciarono la banda dei pedofili. Questa sì che ha avuto un movente: «Non azzardatevi a denunciare più, non pensate più rivolgervi allo Stato». Lì si era abbassata la guardia: quelle mamme andavano protette, come altri testimoni di mafia lo sono. Alcuni pedofili erano usciti dal carcere per decorrenza dei termini. Non deve più succedere. Bisogna essere garantisti anche con le vittime del crimine. Pene giuste, ma certezza delle pene. E’ giunto il momento di un nuovo patto tra le istituzioni e i napoletani: Napoli non è una città normale, la camorra è il terzo incomodo. Dobbiamo prenderne atto e cominciare a risolvere i problemi. Il sindaco di Napoli ha detto: «Cacciamo via i malavitosi dalla città». E’ la città che li deve espellere. E’ mai possibile che questa minoranza la tenga in scacco? Liberiamocene e ribelliamoci. A Napoli come nel resto del Paese.



Corriere del Mezzogiorno 30 marzo 2004-04-03

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