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martedì, Maggio 21, 2024
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«MA LE MARCE NON RISOLVONO I PROBLEMI»
Lettera aperta sulla «rifiutopoli» giuglianese

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GIUGLIANO. «Caro Direttore di InterNapoli,

complimenti sinceri a te e ai tuoi collaboratori per l’ampio risalto dato alla manifestazione ambientalista dello scorso 18 febbraio. Consentimi, però, di dissentire, dalle facili illusioni che provocano questi eventi nei partecipanti e, perché no, anche a noi giornalisti…. Le marce servono, sono importanti, ma, da sole, non risolvono i grossi problemi. Qual è appunto quello dell’emergenza ambientale che attanaglia, da troppo tempo, l’area metropolitana a nord di Napoli. Ero a Roma e non ho potuto partecipare all’happening. Ma ho letto i resoconti e le note di colore che hanno caratterizzato la manifestazione. E subito il pensiero è corso ad un altro, grande appuntamento ecologista che si tenne a Giugliano il 5 gennaio di dieci anni fa. Era la vigilia della Befana e in piazza Annunziata scesero migliaia e miglia di persone, frotte di contadini ed agricoltori con un serpentone di trattori, casalinghe, massaie, anziani, giovani e studenti. Tutti avevano in mano una torcia. Quella sera, Giugliano era uno sfavillio di luci…
Da allora ad oggi, caro Direttore, consentimi, è cambiato poco. O peggio, non è cambiato nulla. E così l’area giuglianese rimane, suo malgrado, una lingua di terra incassata tra il cemento e la Storia. Una striscia di costa lunga chilometri e chilometri di mattoni e cemento. Torri di pietre imbiancate. Decine di pseudo residential park sorti disordinatamente. Spuntati fuori come funghi dopo piogge abbondanti. Nel corso di appena un ventennio, l’ultimo, quello che probabilmente passerà alla storia come l’epoca d’oro della speculazione edilizia e della ricostruzione dopo il terremoto, è cambiato radicalmente il volto e la fisionomia del paesaggio. Ormai, le zone verdi sono ridotte all’osso. Chiazze di colore nel grigiore plumbeo e uniforme dell’ambiente circostante. Gli orti e i giardini, di cui un tempo pullulavano questi luoghi, sono divenuti un lontano ricordo di memorie sbiadite. Appartengono a una cultura del passato. Nel ricambio di appena due generazioni, le tradizioni contadine sono state completamente abbandonate. Lasciate alle spalle. Nella rincorsa di un miraggio futuro ancora tutto da raggiungere. E il sogno ha fatto presto a diventare realtà. Ha preso le sembianze di cigolanti bulldozer alla conquista del territorio. Di mastodontiche ruspe e di imponenti rulli compressori che hanno spianato sentieri e viottoli. Che hanno sparso asfalto e cemento a piene mani. Cancellando l’odore dei pescheti e dei meleti in fiore. Dei mandorli e degli albicocchi. Dei campi rigogliosi di spighe e di grano.E’ la morte di un mito. Quello di una terra dall’aria salubre e generosa di frutti. In cambio, una speculazione galoppante. All’insegna del cemento e delle discariche, abusive e non. Favorito da complici silenzi e mirate miopie.
Tra Giugliano, Licola, Varcaturo e Patria, l’omertà propagandata dalle amministrazioni locali, ree di mutismi compiacenti, mancati controlli e omesse verifiche, ha incoraggiato il fenomeno dell’abusivismo edlizio. E loro, i pionieri del cemento fuorilegge, hanno continuato a scavare. A scavare e costruire. Altrettanto hanno fatto i ras dell’Ecomafia.. A nulla è valso la proclamazione delle norme varate a tutela delle zone archeologiche e paesaggistiche. Perchè i vandali del mattone selvaggio, hanno continuato a far finta di nulla. Hanno costruito fin sotto i ruderi di Liternum. Hanno circondato di un cordone inespugnabile di pilastri e impalcature gli Scavi di Cuma. Si sono spinti con inaudita violenza fin sul litorale..Pirati. Corsari a caccia di effimeri tesori. Difficile, infatti, cercare di circoscrivere il fenomeno dell’abusivismo. Inutile tentare di tratteggiare una mappa. In nessun comune del comprensorio esistono dati precisi sulla consistenza della speculazione edilizia. Non un dato, non un numero. E di censimenti neppure a parlarne. Già, perchè se il bubbone scoppiasse, chissà quante case, quanti palazzi finirebbero abbattuti sotto i colpi impietosi delle ruspe e dei picconi. Da quella vigilia della Befana di dieci anni fa alla marcia chilometrica di pochi giorni fa, il fenomeno non accenna a placarsi. E la crociata contro i pirati del mattone selvaggio e dell’ecomafia continua. In nome di una rivolta ideale. L’unico barlume di speranza che unisce chi non vuole essere risucchiato dal vortice della rassegnazione».

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