L’omicidio di Attilio Romanò fu un delitto infame perchè colpì un giovane che con la criminalità organizzata non aveva nulla a che vedere. A raccontarlo in diversi passaggi è stato il pentito Biagio Esposito che ha fatto luce sui momenti più cruenti della faida di Scampia:«In uno dei nostri covi a Varcaturo si discuteva perché volevano ammazzare il nipote di Rosario Pariante, ma non si trovava ed avevano preso quest’altro ragazzo che stava dentr0».
Alla domanda di chi era presente in quel summit Esposito è chiaro:«Eravamo io, Lello Amato, Cesare Pagano, Notturno Vincenzo,… sempre in questi stavamo. C’erano anche Gennaro Marino, Enzuccio l’elettrauto, Giacumino Migliaccio. Anche Carmine Pagano detto Angioletto, Amato Carmine, Chiummariello figlio di Ciro Caiazza, e tanti altri…». A portare l”imbasciata’ dell’avvenuto delitto il fratello del boss di Bacoli Rosario Pariante che raccontò di come gli uomini dei Di Lauro non trovando all’interno il nipote di Pariante se la presero contro quel povero ragazzo che non c’entrava nulla. «Forse i killer credettero che era il nipote di Rosario; secondo me, non conoscevano nemmeno chi era il nipote» spiega Esposito. «Vincenzo come aveva saputo queste cose? Perché lui più stava ancora per Secondigliano, o aveva qualcuno a Secondigliano per sapere notizie. Infatti, fece il nome di un certo Capasso, Cafasso, o qualcosa del genere». «Come killer?» chiede i magistrato. «Come persona che aveva ammazzato questo ragazzo, lui portò questa imbasciata. Zio Vincenzo stava ancora a Secondigliano ed aveva informatori nel clan Di Lauro»