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martedì, Aprile 30, 2024
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Al via la “fuga” dal Reddito di Cittadinanza dopo la stretta: 200mila famiglie rinunciano al sussidio

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Via alla ‘fuga’ dal Reddito di Cittadinanza. In un anno circa 200mila famiglie hanno detto addio al sussidio e risultano in calo anche le richieste. Ciò a causa anche della stretta, messa in atto prima dal Governo Draghi e rafforzata poi da quello Meloni con l’ultima Legge di Bilancio, che non solo ha azzerato le proposte a cui è possibile dire di no, ma ha previsto l’obbligo di formazione per i più giovani e stabilito che gli occupabili non avranno più diritto all’assegno a partire da agosto.

Cos’ha incentivato la ‘fuga’ dal Reddito?

Anzitutto, c’è da dire che nel biennio 2020-2021 l’andamento del sussidio è stato fortemente condizionato dalla crisi innescata dalla pandemia, ma la sensazione è che il cambiamento del quadro politico abbia indotto una maggiore cautela nel presentare la domanda, anche in considerazione della maggiore severità dei controlli e delle regole già decisi dal governo Draghi, che ha abbassato da 3 a 2 le offerte di lavoro che possono essere rifiutate dal beneficiario e, soprattutto, ha introdotto il danno erariale in caso di mancata verifica dei requisiti di residenza da parte dei comuni.

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Solo lo scorso 24 gennaio, inoltre, è stato firmato il protocollo tra Inps e Ministero della Giustizia che consente di verificare l’eventuale stato detentivo dei richiedenti il Reddito, prima dell’erogazione del beneficio. Ma più di tutti pesa il fatto che il governo Meloni ha deciso che i cosiddetti “occupabili” tra 18 e 60 anni non potranno più avere il sussidio dopo il prossimo luglio. Una tagliola che starebbe scoraggiando una parte dei potenziali richiedenti.

Il calo dei percettori del sussidio potrebbe essere dovuto in parte anche all’intensificarsi dei controlli. I dati Inps mostrano che nel 2022 sono state 268mila le decadenze e più di 72mila le revoche. Un’altra spiegazione della “fuga”, infine, potrebbe arrivare dai dati sull’occupazione. Il 2022, infatti, si è chiuso con un saldo di 334mila nuovi occupati rispetto all’anno precedente.

Il destino degli “occupabili”

Nonostante la stretta, l’esecutivo Meloni non ha ancora chiarito cosa ne sarà degli “occupabili”. Manca il piano formativo che dovrebbe coinvolgere queste persone in corsi di aggiornamento e preparazione all’inserimento lavorativo. Di conseguenza manca anche il previsto controllo sulla presenza obbligatoria a tali corsi da parte delle Regioni che dovrebbero comunicare all’Anpal i nominativi di chi non partecipa, così da disporre la decadenza dal sussidio. E ancora, manca il protocollo tra i ministeri del Lavoro e dell’Istruzione per organizzare la formazione scolastica per i percettori del Reddito sprovvisti di titolo di studio dell’obbligo. Manca la nuova definizione di offerta congrua di lavoro, dopo che la legge di Bilancio ha disposto che basta anche un solo rifiuto per perdere il sussidio. Infine, nulla si sa di cosa sostituirà il Reddito di cittadinanza per i cosiddetti occupabili che perderanno l’assegno ma non avranno trovato un lavoro.

Quanto costa per lo Stato mantenere i percettori

La Campania è, ad oggi, la regione con il più alto numero di percettori del RdC in Italia, seguita da Sicilia, Lazio e Lombardia.

Se si guarda al numero di nuclei familiari che hanno beneficiato di almeno una mensilità nel 2022, in Lombardia si nota un forte calo: dai 139mila percettori del 2021 si è passati ai 115mila dello scorso anno. L’unico aumento su base annuale si registra in Sicilia, dove si sono aggiunte 2mila famiglie nel giro di 12 mesi. Allargando lo sguardo a livello nazionale, però, il calo dei percettori del reddito di cittadinanza ha assottigliato anche la spesa dello Stato. Nel 2021, il sussidio era costato 8,3 miliardi di euro. Nel 2022, la cifra è scesa di poco sotto gli 8 miliardi e le previsioni per il 2023 dicono che il reddito di cittadinanza dovrebbe pesare per circa 6 miliardi sulle casse dello Stato.

 

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