Ieri Valentino Gionta era in collegamento dal carcere di Sassari da dove è intervenuto durante l’udienza nell’aula del tribunale di Napoli, assistito a processo dagli avvocati Roberto Cuomo e Antonio Iorio. Come riporta il Mattino il boss recluso al 41-bis ha detto: “Da un anno voglio parlare, ma non mi hanno interrogato. Sono in carcere da più di trent’anni, sono in questa situazione da 43-44 anni, ma è la prima volta che sto cominciando a parlare di tante cose. Allora dico ai giudici: guardatevi bene le carte e chiedetemi pure, che ve le spiego io le cose“.
Il 69enne ha chiesto la parola e poi ha deciso di sottoporsi all’interrogatorio del gup Marcello De Chiara e delle pm Ivana Fulco e Valentina Sincero, pm della Direzione distrettuale Antimafia. Il capoclan ha preso le difese di sua moglie Gemma Donnarumma, libera dopo aver scontato la sua condanna, ma anche di sua figlia Teresa e del marito Giuseppe Carpentieri, cosi come del 39enne nipote omonimo. Sono tutti a processo con lui e accusati di essere i reggenti e di aver riorganizzato il clan Gionta tra il 2020 e il 2021.
“VOGLIO CAMBIARE QUALCOSA”
“Le mie giornate qui sono sempre uguali – ha detto Valentino Gionta agli inquirenti – per questo ho chiesto ai miei familiari di venire più spesso. Perché io qua dentro sto da solo, penso, mi innervosisco e voglio cambiare qualcosa. Voi però vedete in quelle parole solo cose di camorra, invece c’è anche l’affetto verso i miei familiari”.
Il padrino di Torre Annunziata ha respinto le accuse di essere ancora lui a decidere le strategia del clan: “Sono tutte falsità e menzogne. Venite che vi spiego io il significato delle intercettazioni, io so benissimo quello che ho detto“.