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venerdì, Aprile 26, 2024
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«Comandava in carcere dietro compenso», il pentito spara a zero sulla Vanella Grassi

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Un sistema che doveva servire a permettere ai capi di continuare a comandare anche stando in carcere. Questa una delle tante rivelazioni rilasciate ai magistrati nelle scorse settimane dal neo pentito Eugenio D’Atri che si è soffermato a lungo su ciò che avveniva nel carcere di Secondigliano, dove secondo D’Atri, i ras della Vanella Grassi continuavano ad impartire ordini anche da dietro le sbarre. Le rivelazioni nel corso della stesura dei verbali rilasciati ai pm della Dda di Napoli Simona Rossi e Luigi Landolfi. Il collaboratore di giustizia Gegè si è soffermato sul reggente e su alcuni affiliati del clan del gruppo di Secondigliano in un verbale depositato lo scorso 20 aprile: «Nel 2016-2017 fu tratto in arresto Umberto Accurso della Vanella Grassi; egli fu trasferito dal T2 al reparto ligure V sezione per il tramite di Ottavio De Simone per la somma di 4-5000 euro. Quindi Accurso venne nuovamente trasferito, dopo qualche mese, alla IV Sezione, grazie all’intervento di Biagio Zambardini, a sua volta investito da Gaetano Angrisano, Salvatore Frate Paparagià e Antonio Coppola detto “mille lire, tutti affiliati alla Vanella Grassi. In questo caso, il trasferimento è stato disposto dietro compenso in denaro di 4000 euro complessivi; in questo modo, Accurso ha potuto continuare a gestire gli affari del clan». Accuse adesso attese alla prova dei fatti e da eventuali altri riscontri. Le dichiarazioni di D’Atri sono allegate all’ordinanza relativa alla piazza di spaccio scoperta dagli inquirenti proprio nel carcere di Secondigliano, piazza gestita da alcuni esponenti di rilievo della mala partenopea. L’indagine ha permesso di raccogliere plurime fonti di prova, anche a riscontro delle dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia, circa l’esistenza di una piazza di spaccio all’interno della Casa Circondariale gestita da detenuti mediante il commercio di sostanze stupefacenti di vario tipo (cocaina, hashish e marijuana) introdotte nell’istituto penitenziario (leggi qui l’articolo precedente).

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