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sabato, Aprile 27, 2024
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Cutolo inviò una lettera a Fabrizio De Andrè, la verità sulla canzone Don Raffaè

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Sono passati 25 anni dalla morte di Fabrizio De Andrè. L’undici gennaio del 1999 la cultura italiana non perse un poeta o un cantante, bensì, come lui stesso si definì, un cantautore. L’artista genovese è stato portavoce degli ultimi, degli emarginati e dei reietti, ma, spesso, la sua voce ha denunciato le contraddizioni della nostra società consumistica.

LA STORIA DI DON RAFFAE’ E FABRIZIO DE ANDRE’

Nel 1990 Raffaele Cutolo volle ringraziare il cantautore per la canzone Don Raffaè, scritta con Massimo Bubola e musicata da Mauro Pagani. Come raccontò lo stesso De Andrè alludeva a Cutolo, ma di certo non è possibile definire la canzone come una dedica al fondatore della Nco. Infatti il cantautore volle denunciare la situazione allarmante delle carceri italiane negli anni Ottanta e la sottomissione dello Stato al potere della mafia

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«Immaginate la mia sorpresa quando ho ricevuto una lettera di Cutolo che mi faceva i complimenti per la canzone – raccontò De André – e aggiungeva: ‘Non capisco come abbia fatto a cogliere la mia personalità e la mia situazione in carcere senza avermi mai incontrato’. Non si era offeso e gli era piaciuto il verso ‘Don Raffaè voi politicamente, io ve lo giuro sarebbe ‘nu santo’ ed anche quello in cui il secondino gli chiede il favore di trovare un posto di lavoro a un suo parente. Alla lettera Cutolo aveva allegato un libro di sue poesie. Almeno un paio davvero pregevoli. Gli ho risposto per ringraziarlo. Recentemente mi ha scritto ancora. Però stavolta non gli ho risposto. Un carteggio con Cutolo non mi sembra il massimo».

LA CANZONE AL PRIMO MAGGIO

Don Raffaè fu cantata da De André anche in coppia con Roberto Murolo al concerto del Primo maggio 1991, proprio Pino Daniele ne realizzò una magnifica versione: “In un momento in cui tutti cantano in inglese, Faber ha deciso di cantare in napoletano”, commentò presentando il brano in piazza San Giovanni a Roma.

La canzone in realtà, come spiega Bubola, disegnò involontariamente anche un altro ritratto, quello di una connessione ai tempi impensabile: “Il rapporto paradossale fra don Raffaè e il brigadiere Pasquale Cafiero, si presta a molte letture. La principale è il rapporto malato tra un rappresentante dello Stato ed uno dell’Antistato. Il rappresentante dello Stato dimostra un’infinita ammirazione e sudditanza psicologica verso il boss malavitoso, e si indigna per la condizione in cui versa il grande malavitoso e gli chiede favori per sé e per i suoi parenti, con una devozione ed una spudoratezza rari. Questo sembrava paradossale e improbabile ma si è rilevato più vicino alla realtà di quanto immaginassimo allora quando abbiamo scritto la canzone”.

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Alessandro Caracciolo
Alessandro Caracciolo
Redattore del giornale online Internapoli.it. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti dal 2013.
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