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venerdì, Aprile 26, 2024
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Hugo Muniz, lui sa dove sono i 3 napoletani: la pista dei narcos e dei generatori

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Nuovi e importanti dettagli dall’inviato di “Chi l’ha visto?”, che ha assistito all’udienza di convalida dell’arresto dei quattro agenti della polizia municipale di Tecalitlan, che hanno di fronte un anno di carcerazione preventiva, ma rischiano una pena dai 40 ai 60 anni dopo il rinvio a giudizio. Tre di loro durante gli interrogatori hanno ammesso le loro responsabilità nella sparizione forzata di Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti messicani, nel tardo pomeriggio del 31 Gennaio, tre agenti della polizia locale avrebbero ricevuto dalla radio l’ordine di fermare due italiani a bordo di una Honda bianca alla stazione di servizio di Tecalitlan. A impartire l’ordine il vice capo Hilario Farias Mejia (ancora irreperibile, come il comandante Hugo Enrique Martinez Muniz), che avrebbe anche disposto di condurre Antonio Russo e Vincenzo Cimmino in una strada di montagna che porta alla località di Jilotlan De Los Dolores.

Ad attenderli ci sarebbe stata una Mazda rossa con due membri Cartello Jalisco Nueva Jeneracion, ai quali i due italiani sarebbero stati consegnati. In cambio il poliziotto Salomon Adrian Ramos Silva ha ricevuto la promessa di ricevere 1000 pesos, circa 44 euro. Il luogo è lo stesso dove si perde il segnale GPS dell’auto noleggiata da Raffaele Russo, che il figlio e il nipote stavano cercando quando sono stati fermati. La poliziotta arrestata, Lidia Guadalupe Lopez Arroyo, è la centralinista che avrebbe risposto alla chiamata di Francesco Russo, che chiedeva notizie dei familiari dopo aver ricevuto i messaggi vocali di Antonio e Vincenzo fermati dagli agenti. In un primo tempo avrebbe confermato il fermo, ma poi su ordine del vice comandante avrebbe negato e messo tutto a tacere d’accordo con i colleghi coinvolti. Ancora ignota la dinamica della sparizione di Raffaele Russo, così come le ragioni della consegna degli italiani al gruppo criminale, il luogo in cui sono stati portati e il loro destino, che gli arrestati hanno detto di non conoscere.

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LA STORIA

Raffaele Russo, 60 anni, commerciante ambulante, viaggia spesso insieme ad altri familiari tra Napoli e il Messico, dove si trovava per lavoro il 31 gennaio. Dalle 15:30 ora locale di quel giorno il suo cellulare è risultato spento. Il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino hanno provato a raggiungerlo a Tecalitlán, l’ultima località indicata dal GPS del suv che lui aveva preso a noleggio, un Honda CRV bianco (targato E03APK). Giunti sul posto hanno inviato alcuni messaggi vocali Whatsapp ai familiari, in cui dicevano di essere stati fermati a un distributore di benzina da agenti della polizia, arrivati su due moto e un’auto. Da quel momento non si sa più nulla di loro e la polizia locale ha smentito che siano stati arrestati. Avevano noleggiato un suv uguale a quello di Raffaele Russo, targato M89AJV. “Chiediamo alle autorità italiane di intervenire perché in Messico nessuno ci dà informazioni, nessuno ci aiuta a conoscere la verità sui nostri familiari”, hanno scritto i parenti in un appello su Facebook. La procura di Roma ha aperto un fascicolo d’indagine, al momento senza ipotesi di reato.

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