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sabato, Aprile 27, 2024
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Killer travestiti da poliziotti poi l’omicidio, ma era la persona sbagliata: la ricostruzione del delitto di Giulio Giaccio

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Tre nuove ordinanze di custodia cautelare per l’omicidio di Giulio Giaccio, ucciso 26 anni fa da un commando del clan Polverino. Il giudice per le indagini preliminari, su richiesta dei magistrati della Dda di Napoli (pm Giuseppe Visone) ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Luigi De Cristofaro, alias Mellone, Salvatore Simioli, ‘o Sciacallo, e Raffaele D’Alterio, alias ‘a Signurina. Simioli e D’Alterio sono già detenuti per altri reati.

Il giovane Giulio Giaccio, in quella terribile notte del 30 luglio 2000, fu prelevato da finti poliziotti sopraggiunti a bordo di un’autovettura FIAT Uno di colore bordeaux, mentre si trovava in piazzetta Romano – a poca distanza dalla propria abitazione – senza fare più ritorno a casa. Al momento del “sequestro” il giovane non era solo, ma un suo amico, notiziò subito i familiari dell’accaduto. Nelle ore successive, i familiari della vittima contattavano tutti i comandi di zona verificando che nessuno aveva proceduto al fermo di Giulio.

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L’omicidio del 26enne Giulio Giaccio, è stato spiegato nel corso della conferenza stampa in procura, risale a quasi 24 anni fa. Il giovane venne ucciso e sciolto nell’acido nel luglio del 2000. “Era la persona sbagliata”, hanno spiegato il generale Enrico Scandone, comandante provinciale dei carabinieri di Napoli e il comandante del Nucleo Investigativo Andrea Leo. Gli arresti di oggi riguardano i presunti killer: spacciandosi per poliziotti prelevarono la vittima con la scusa di un controllo per portarlo in una zona isolata dove venne ucciso con un colpo alla testa e poi sciolto nell’acido. “I resti – ha sottolineato il procuratore Nicola Gratteri – vennero buttati nella fessura di un terreno che si trova vicino alla casa di uno degli indagati”. Il comandante Leo ha messo in evidenza “la cattiveria e la sfrontatezza” manifestata dagli arrestati nei confronti di una persona “che non c’entrava niente con quella che cercavano”. Grazie ai riscontri delle dichiarazioni dei pentiti, è stato infatti riostruito che il commando del clan Polverino cercava un certo Salvatore, colpevole di avere intrattenuto una relazione con la figlia di un elemento di spicco dell’organizzazione malavitosa di Marano di Napoli. Giaccio più volte ha cercato di spiegare che lui non era quel Salvatore. Ma non venne creduto. I sicari gli fecero mettere la testa tra le gambe prima di sparagli un colpo alla nuca.

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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