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venerdì, Luglio 4, 2025
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La moglie del boss era la cassiera: l’organigramma del clan D’Alessandro

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Undici persone sono state arrestate dai carabinieri di Torre Annunziata nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta). Tra i reati ipotizzati: associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, corruzione in atti giudiziari. Tutti i reati sono aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia.

Tra gli arrestati figurano esponenti di spicco del clan, un geometra e un funzionario comunale. I destinatari delle misure cautelari, emesse dal giudice per le indagini preliminari di Napoli Fabrizio Finamore, sono: Vincenzo D’Alessandro (ritenuto il boss), Michele Abbruzzese, Ugo Lucchese, Giuseppe Oscurato, Antonio Salvato, Carmela Elefante, Vincenzo Spista, Angelo Schettino, Giovanni D’Alessandro, Fabrizio Jucan Sicignano e Giuseppe Donnarumma.

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Tra gli arrestati, insieme al boss Vincenzo D’Alessandro, figurano anche due professionisti considerati insospettabili: il geometra Angelo Schettino e l’ingegnere Fabrizio Jucan Sicignano, quest’ultimo dipendente del Comune di Ercolano. Secondo gli inquirenti, almeno uno dei due sarebbe stato “a disposizione” del clan.

In carcere, riporta Il Mattino, è finita anche Carmela Elefante, moglie del boss, accusata di aver gestito la cassa comune dell’organizzazione criminale. Gli indagati avranno la possibilità di respingere le accuse nel corso degli interrogatori di garanzia, che si terranno nei prossimi giorni.

Regalò una casa alla figlia della vittima dell’omicidio, l’accusa contro il clan D’Alessandro

Tra i sedici indagati compare anche la figlia di Pietro Scelzo, un uomo assassinato in un agguato, la quale – secondo gli inquirenti – avrebbe rilasciato dichiarazioni false davanti alla Corte d’Assise di Napoli per favorire alcuni imputati coinvolti nella morte del padre, con il quale avrebbe avuto anche un legame sentimentale. Si tratta di Vincenzo Ingenito, ritenuto il mandante di quell’efferato delitto di camorra. In cambio, avrebbe ottenuto un appartamento a Castellammare di Stabia. La donna, per la quale non è stata disposta alcuna misura cautelare, non si era presentata alla prima udienza e, alla successiva, aveva dichiarato che l’imputato in questione non era affiliato al clan D’Alessandro e che non avrebbe mai potuto nuocere a suo padre.

Tuttavia, il giorno dopo la sua testimonianza, i carabinieri hanno intercettato una conversazione in cui la donna riferiva a un emissario del clan quanto detto in aula, arrivando persino a negare l’esistenza dell’organizzazione criminale D’Alessandro.

Il ruolo dei due ‘colletti bianchi’

Nella stessa intercettazione, l’emissario la informava dell’imminente visita di un geometra, Angelo Schettino, incaricato di simulare una compravendita dell’immobile in questione. Il professionista è accusato di essere a disposizione del clan, fornendo anche informazioni sul funzionamento del sistema di videosorveglianza cittadino per permettere agli affiliati di agire senza timore di essere ripresi.

Discorso diverso per Fabrizio Jucan Sicignano che, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe accompagnato Antonio Salvato, ex autista di Vincenzo D’Alessandro e suo esattore del pizzo, ad un incontro con un imprenditore, offrendosi come mediatore per imporre il racket e ritirare la quota da 3mila euro.

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