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venerdì, Giugno 21, 2024
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Negozio aderisce al patto anti pizzo, il clan Contini rinuncia all’estorsione: “I tempi sono cambiati…”

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“Dall’antiracket ci hanno mandato…a fare un servizio (una estorsione) …e che ci porti dentro la Questura?”. Conferma il suo effetto deterrente il patto antiracket: lo dimostra la conversazione captata dai carabinieri nel corso dell’indagine dalla quale è emerso – nuovamente – l’infiltrazione del clan Contini nell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli.
Undici, stamattina, gli arresti disposti dal gip Federica Colucci su richiesta dei magistrati dell’ufficio inquirente guidato dal procuratore Nicola Gratteri (pm Converso e Varone, coordinatore Dda Rosa Volpe).
Due degli arrestati oggi, secondo quanto si evince dall’intercettazione, intimoriti dalla circostanza, decidono di non formulare la richiesta estorsiva nei confronti di un esercizio commerciale e si giustificano anche con il mandante: “Luigi, ce ne siamo andati”, dice uno degli arrestati. E il mandante risponde: “eh, avete ragione, sono andato pure io a vedere”.
La circostanza documentata dai militari del Nucleo Investigativo di Napoli è ritenuta dagli inquirenti particolarmente importante in quanto evidenza le difficoltà della camorra nell’imposizione del pizzo.
“E’ finita, fratello, non sono più la gente di una volta”, dice ancora l’estorsore demoralizzato dal fatto che sono sempre di più gli imprenditori che a Napoli denunciano il racket.

Il lancio del blitz

Gli arresti – undici in tutto – e il sequestro dei carabinieri eseguiti stamani a Napoli nell’ambito di un blitz anticamorra coordinato dalla Dda partenopea sono frutto di una indagine avviata nel dicembre 2021 che ha consentito di disegnare la struttura verticistica del “clan Contini”, a cui era demandata la gestione e le scelte strategiche ed economiche dell’organizzazione malavitosa.
Già nel 2019 il clan Contini era finito al centro di una maxi operazione che coinvolse l’intera Alleanza di Secondigliano, e cioé anche le famiglie Licciardi e Mallardo, durante la quale vennero notificate da Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Dia ben 126 misure cautelari (89 in carcere e 36 ai domiciliari e un divieto di dimora in Campania) insieme con un sequestro di beni in tutt’Italia da 130 milioni di euro.
Gli investigatori sono riusciti a delineare anche i rapporti con gli altri clan della galassia criminale partenopea.
Il clan aveva anche fittiziamente intestato due società di noleggio auto a dei prestanome appositamente reclutati e pagati per eludere a eventuali provvedimenti di sequestro.
L’inchiesta ha infine restituito l’allarmante quadro già emerso nel 2019 in relazione all’ospedale San Giovanni Bosco dove il clan ancora condizionava la gestione funzionale della struttura ospedaliera che cade nell’area di influenza dell’organizzazione criminale.

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Teneva sotto controllo un ospedale il clan Contini, componente di rango dell’ “Alleanza di Secondigliano”: è quanto hanno scoperto i carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli che, coordinati dalla Dda, stanno eseguendo 11 arresti (8 in carcere e 3 ai domiciliari) e diversi sequestri nei confronti di esponenti dell’organizzazione malavitosa operante nel capoluogo partenopeo, precisamente nei quartieri San Giovanniello, Borgo San Antonio Abate, Ferrovia, Vasto-Arenaccia, Stadera-Poggioreale e Rione Amicizia.

L’ospedale è il San Giovanni Bosco, alcuni anni fa (2019) finito al centro di un’altra indagine della Procura di Napoli.

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