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giovedì, Maggio 2, 2024
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Omicidio alla rotonda Maradona, condannati anche i pentiti del clan Polverino

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Sono stati inflitti 25 anni di carcere al pentito Giuseppe Simioli, 12 anni al collaboratore di giustizia Giuseppe Ruggiero, 8 anni al pentito Roberto Perrone. Infine sono stati condannati a 20 anni a Salvatore Liccardi e Raffaele D’Alterio.

Come riporta il Mattino tutti sono stati ritenuti colpevoli, a vario titolo, dell’omicidio di Tammaro Solli. L’uomo venne ucciso 27 anni fa dal clan Polverino nei pressi della Rotonda Maradona, situata tra Marano e Villaricca. D’Alterio e Liccardi, già detenuti per altri reati, sono ritenuti gli esecutori materiali del delitto. La vittima era estranea ad ogni dinamica criminale e fu ammazzato dai ‘maranesi’ per fare un favore al clan Pianese.

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“Non vide che il fucile aveva la sicura”, l’omicidio dei Polverino svelato dal boss-pentito

Un favore tra clan di camorra dell’area nord di Napoli per costringere un pentito a ritrattare le sue confessioni ai magistrati. Proprio con queste premesse sarebbe nato l’omicidio di Tammaro Solli, ritrovato morto il 22 gennaio del 1998 nei pressi della Rotonda Maradona di Villaricca. Fondamentali per la ricostruzione dell’agguato sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia di Giuseppe Simioli. Proprio l’ex braccio destro di Giuseppe Polverino e reggente del clan dal 2011 al 2017, detto ‘o Petruocelo, avrebbe svelato importanti dettagli alla luce della sua partecipazione diretta all’azione camorristica.

UN FAVORE AL CLAN DI QUALIANO: L’OMICIDIO SOLLI

La prima pista per gli inquirenti venne fornita dalla moglie di Solli che dichiarò di essere la cugina del collaboratore di giustizia Salvatore Speranza, alias ‘o sergente. Inoltre la donna spiegò di aver ricevuto la visita di un affiliato del clan Pianese, guidato dal capoclan Nicola detto ‘o mussuto.

Le recenti indagini coordinate dalla Dda di Napoli hanno accertato il movente dell’omicidio: costringere Speranza, parente della vittima e collaboratore di giustizia, a ritrattare le dichiarazioni rese fino in quel momento. Dunque l’azione di fuoco sarebbe stata condotta per fare un favore agli esponenti del clan Pianese-D’Alterio. 

Secondo i pm il commando armato era formato Giuseppe Ruggiero, Raffaele D’Alterio e Giuseppe Simioli mentre Salvatore Liccardi avrebbe occultato la loro l’auto. L’Alfa rubata sarebbe stata guidata dall’ex boss del clan Polverino e le armi dei killer furono immediatamente nascoste all’interno di un box a Quarto.

“Non vide che il fucile aveva la sicura”, l’omicidio dei Polverino svelato dal boss-pentito

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