«Sono stato positivamente colpito quando mi è stata presentata quest’ idea, soprattutto per la storicità del legame tra Birra Napoli e la città. Come Birra Napoli, anche la città di Napoli punta sui valori di appartenenza e orgoglio. I napoletani sono molto legati alla narrazione dei luoghi della città: far conoscere i nostri quartieri attraverso la storia di questo prodotto è molto bello e sono sicuro che Birra Napoli sarà un successo. Chi investe nella nostra città è sempre il benvenuto». Se vi state chiedendo chi abbia pronunciato questo breve ma incisivo discorso la risposta è semplice: Luigi De Magistris, sindaco di Napoli. Il contesto è Palazzo San Giacomo, sede storica del Governo della città, in occasione della conferenza di presentazione di Birra Napoli. Il marchio è un vestito indossato ad hoc da un altro marchio, ben più noto ed importante: Peroni. Chi non conosce lo storico marchio, soprattutto qui a Napoli, del resto?
Peroni prova a sfruttare il nome della città
Allora, sorge spontanea la domanda: per quale motivo la Peroni ha lanciato un prodotto inedito, infiocchettandogli un altro nome e una nuova grafica? La Peroni, di fatto, riscuote un discreto successo in riva al Golfo e, francamente, nessuno sentiva l’esigenza di un altro prodotto uguale a quello già presente sul mercato. Esatto, l’unica differenza tra la Peroni classica e la Birra Napoli è il nome – e il colore – sull’etichetta. Le motivazioni vanno ricercate nelle legittime dinamiche imprenditoriali dei proprietari del marchio Peroni, ovviamente. Lanciare una birra targhettizzata per il mercato napoletano evidenzia chiaramente l’obiettivo: intercettare l’identità partenopea del cittadino medio così da indurlo a scegliere una birra anziché un’altra. La Birra Napoli, appunto. C’è un problema, però. Anzi, a dirla tutta, ce ne sarebbero un bel po’.
La Birra Napoli di Peroni è una presa per i fondelli
Sostanzialmente possiamo partire da una semplificazione/provocazione: la Birra Napoli è una presa per i fondelli. Sì. Peroni prende per i fondelli la città di Napoli. Perché? Leggiamo una parte del comunicato stampa. “L’eccellenza e lo stretto legame con il territorio è testimoniato dagli ingredienti che regalano a questa lager un sapore ricco e distintivo nonché un colore oro intenso. Ingredienti e materie prime come il grano duro e il malto d’orzo 100% campano di altissima qualità. Birra Napoli racconta poi il carattere della sua città attraverso l’azzurro della sua etichetta dove risaltano tutti i quartieri che hanno fatto la storia del capoluogo campano e che lo rendono unico“. Sostanzialmente, un fondo di verità c’è e riguarda il grano duro e il malto d’orzo. Sostenere che venga prodotto in Campania, però, non rappresenta alcun legame con la città di Napoli. Ma soprassediamo e andiamo avanti.
«Essere oggi a Napoli e rilanciare una birra dal carattere unico come lo spirito di questa città ci rende davvero orgogliosi. Abbiamo voluto racchiudere in un prodotto, che nasce proprio qui e che viene fatto esclusivamente con grano duro e malto d’orzo 100% campano, tutta la storia e la poliedricità dell’essere partenopeo. Oggi Birra Napoli vuole essere la birra di tutti i napoletani, orgogliosa, unica e immediatamente riconoscibile». Questo virgolettato è di Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne e Affari Istituzionali di Birra Peroni. E’ abbastanza indicativo che un professionista del suo calibro abbia diffuso una storia sostanzialmente inesatta. Birra Napoli, infatti, veniva prodotta sì a Napoli – nello stabilimento del Rione Stella – ma nel 1919 e dallo scomparso marchio Birrerie Meridionali. Proprio lo storico birrificio che produceva nel cuore di Napoli, nei decenni a seguire, fu assorbito assieme ad altri birrifici del sud Italia proprio da Peroni.
Birra Napoli napoletana? Peroni ha abbandonato Napoli nel 2005
La produzione della Birra Napoli migrò a Miano. Poi, per insindacabile decisione della Proprietà, nel 2005 Peroni ha abbandonato del tutto Napoli. All’epoca, ci lavoravano circa 150 persone di cui, come sottolineano i colleghi di Identità Insorgenti nella loro approfondita ricostruzione, non si ha traccia. Ad oggi, sulle ceneri del birrificio Peroni di Miano sta nascendo una sorta di nuovo quartiere che non ha nulla a che fare con la fabbrica. Così come Peroni, sono decine le aziende che hanno abbandonato Napoli e la Campania. Hanno portato via con loro la possibilità di scelta, quella di poter vivere e lavorare nella propria terra. Peroni, e chi come lei, ha lasciato dietro di se disoccupazione e sconforto sociale. E’ a causa della grande fuga degli industriali che in tanti – troppi – sono stati costretti ad andare via.
Perché non valorizzare l’imprenditoria che produce realmente in città?
Per questo e per molto altro, fa specie che Luigi De Magistris abbia dato spazio e visibilità alla Peroni che è venuta a vendere la sua birra, spacciandola per napoletana. Quando di Napoli non ha niente. Ci verrebbe da chiedere, al Sindaco e a chi per lui, per quale strano motivo non abbiano mai incentivato l’imprenditoria locale? Perché si permette ad una multinazionale di sfruttare il nome di Napoli quando in città c’è chi produce davvero una birra napoletana? Di esempi ce ne sono diversi. Gli segnaleremmo, ad esempio, il post di PBN – Piccolo Birrificio Napoletano. Emblematico, non credete?