Ha ammesso di aver pestato De Sisto ma solo di averlo fatto perché quest’ultimo avrebbe provato a costringere sua sorella a firmare delle dimissioni in bianco da un attività commerciale dove lavorava. Ieri, direttamente dal carcere di Rovigo dove è detenuto, Ciro Contini ha preso la parola durante il processo che lo vede imputato, davanti alla Corte di Appello di Bologna, insieme ad altre persone con le accuse, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, lesioni, sequestro di persona e riciclaggio. Alla sbarra ci sono anche Acampa Antonio, Rieveccio Fabio, Capasso Francesco e Palumbo Pasquale.
Il Procuratore generale ha chiesto la conferma della sentenza emessa dal Gup di Bologna ed ha rimarcato la pericolosità dei soggetti imputati i quali, nell’ottobre del 2018, stravolsero gli equilibri criminali nel riminese.
Secondo quanto emerso dalla copiosa inchiesta della DDA bolognese, Ciro Contini, insieme al suo gruppo, pestarono brutalmente un noto pregiudicato della zona, Pio de Sisto, frantumandogli con un martello le dita di una mano. Dopo pochi giorni lo stesso trattamento fu riservato ad un’altra persona, Giuseppe Ripoli, altro pregiudicato del riminese, il quale venne brutalmente pestato per oltre 45 minuti.
Secondo il giudice di primo grado, queste azioni avevano come significato quello dell’insediamento del gruppo Contini nel territorio riminese, scalzando coloro che erano dediti alla gestione del malaffare.
Nel corso dell’udienza hanno preso la parola anche i difensori degli imputati (avvocati Marrocco, Abet, Procentese, Malavasi, Guidazzi e De Marco) i quali hanno provato a dimostrare l’insussistenza dell’associazione mafiosa ed a circoscrive e ad isolare gli episodi. I legali hanno cercato di dimostrare che i pestaggi erano da ricondurre ad altre ragioni che non appartenevano alla necessità di Contini di prendere il controllo del territorio riminese, quindi negando l’esistenza dell’associazione mafiosa. Il 29.03.2022 è prevista la sentenza.
Colpo al clan Contini, condannati il boss Ciro e i suoi ‘colonnelli’
Colpo al clan Contini, sentenza per il boss Ciro e i suoi ‘colonnelli’. Dieci condanne, di cui sette anche per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Questa la sentenza pronunciata a Bologna dal gup Grazia Nart nel processo a carico degli appartenenti a presunti gruppi di camorristi attivi su Rimini. Clan sgominato da un’indagine della Dda che a ottobre del 2019 portò, con l’operazione ‘Hammer’, all’emissione di misure di custodia cautelare.
LE CONDANNE
In particolare le indagini hanno ricostruito lo scontro tra due fazioni criminali per il controllo del territorio. Una legata al noto clan napoletano Contini e l’altra alla famiglia Romaniello. In particolare il giudice dell’abbreviato ha condannato a 20 anni Ciro Contini, difeso dall’avvocato Dario Procentese di Napoli e a 12 anni e otto mesi per l’uomo ritenuto suo braccio destro, Antonio Acampa, difeso dall’avvocato Fausto Bruzzese. Sedici anni poi per Armando Savorra e Cosimo Nicoli’, tredici per Fabio Rivieccio, 12 anni e quattro mesi per Pasquale Palumbo, otto anni e quattro mesi per Francesco Capasso, otto anni e otto mesi per Massimiliano Romaniello, nove anni, sei mesi e 20 giorni per Antonino Di Dato, cinque anni e quattro mesi per Giuseppe Ripoli.
L’OPERAZIONE CONTRO IL CLAN CONTINI: GLI ARRESTI DELL’OTTOBRE 2019
C’era il 31enne Ciro Contini, nipote del boss Eduardo Contini, detto ‘ romano, a capo del gruppo di camorra che aveva messo le mani sulla riviera romagnola. L’undici ottobre 2019 al termine di un’indagine della Dda della Procura di Bologna, tra Rimini, Napoli, Marcianise, Latina e Prato i carabinieri hanno arrestato 10 persone (7 in carcere e 3 ai domiciliari) per associazione per delinquere di tipo mafioso.
Secondo gli inquirenti il gruppo si era insediato nella provincia di Rimini con inaudita e spregiudicata violenza, ostentata ad ogni favorevole occasione per ribadire la forte presenza sul territorio, potendo contare anche su un’ampia disponibilità di armi da fuoco e utilizzando armi improprie – bastoni, mazze e martelli – per compiere violente azioni di forza.
GLI UOMINI DI CIRO CONTINI
Il giovane ras era affiancato dal suo braccio destro Antonio Acampa classe ‘79. Dai gregari Cosimo Nicolì classe ‘77 e Armando Savorra classe ‘57, pluripregiudicati napoletani da anni residenti in Rimini. Nonché da giovani e pericolosi “pendolari del crimine”. Partivano da Napoli e arrivavano a Rimini per commettere azioni violente nei confronti di coloro che non obbedivano ai voleri del gruppo criminoso. Tra questi ultimi venivano identificati Pasquale Palumbo classe ‘75, Francesco Capasso classe ’93 e Fabio Rivieccio classe ’91, tutti gravati da numerosi precedenti penali.
IL TESORO DEL GRUPPO
Le indagini hanno acclarato che gli arrestati hanno organizzato ed eseguito violenti pestaggi nei confronti di pluripregiudicati. Gli stessi ben noti negli ambienti delinquenziali riminesi e storicamente legati a clan camorristici campani. Azione violente tese a dare un preciso segnale sulla presenza sul territorio del nuovo gruppo. Disposto anche il sequestro preventivo di due società, di un autonoleggio e conti correnti per un valore di circa 500mila euro. Oltre che in quella di Rimini, l’operazione è scattata nelle province di Prato, Latina, Caserta e Napoli.