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giovedì, Maggio 2, 2024
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Rifiuti speciali ‘stoccati’ nei capannoni tra Napoli, Melito e Castellammare: 17 misure cautelari

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Tonnellate di rifiuti speciali abbandonati in capannoni. Questa la scoperta del comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli che ha eseguito 17 misure cautelari nei confronti di altrettante persone. Su disposizione del gip del tribunale di Napoli, questa mattina, gli appartenenti all’organizzazione delinquenziale sono stati raggiunti dal provvedimento. Secondo quanto appurato dalle fiamme gialle, l’organizzazione operava tra l’hinterland napoletano e casertano. Il business era incentrato sulla realizzazione di un ingente traffico illecito di rifiuti speciali. Nei capannoni individuati le fiamme gialle hanno rinvenuto indumenti usati, accessori per abbigliamento, pezzami da lavorazione e scarti tessili.

L’indagine della Dda di Napoli e condotta dai finanzieri del Gruppo di Torre Annunziata ha preso le mosse da un sequestro di 13 capannoni a Pompei. Le Fiamme Gialle sono poi riuscite a ricostruire un rilevante quadro indiziario. E’ emersa la sussistenza di una sistematica raccolta e movimentazione di rifiuti provenienti da aziende operanti nel commercio al dettaglio e all’ingrosso di tessuti o abbigliamento nonché nel settore del relativo trattamento e smaltimento di rifiuti speciali.
Queste ultime imprese, terminato il ciclo di trasformazione, trovavano più conveniente liberarsi in maniera illegale dei rifiuti prodotti. Le aziende si sottraevano, in termini di autorizzazioni e tracciabilità, alle più onerose procedure previste dalla normativa ambientale di settore. Il ‘sistema permetteva enormi profitti derivanti dal risparmio sulle spese che avrebbero dovuto sostenere.

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Traffico di rifiuti: così funzionava il “sistema”

Le oltre 12 mila tonnellate di rifiuti speciali di cui i finanzieri hanno ricostruito il trasporto erano stoccate illecitamente altrove. Anche grazie al fattivo coinvolgimento di taluni autotrasportatori i rifiuti erano trasportati in enormi capannoni ubicati nei comuni di Napoli, Melito di Napoli, Boscotrecase, Terzigno, Pompei e Castellammare di Stabia. I locali erano presi in affitto da ignari proprietari, ai quali il sodalizio talvolta non corrispondeva neppure il pattuito canone di locazione, e che, una volta completamente riempiti, erano abbandonati, con il concreto rischio di cagionare un disastro ambientale di vaste proporzioni, oltre che provocare allarme sociale e attentare alla salute dei cittadini.

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