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domenica, Aprile 28, 2024
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Strage Via D’Amelio, il mistero dell’agenda di Borsellinoi: “Figure istituzionali con Cosa Nostra per l’attentato”

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I giudici sostengono che l’agenda rossa di Paolo Borsellino scomparsa dopo l’attentato in Via D’Amelio non sia stata presa da Cosa Nostra e ipotizzano: “Appartenenza istituzionale di chi ebbe a sottrarre materialmente l’agenda“.

L’ipotesi dei giudici 

I giudici del tribunale di Caltanissetta hanno spiegato nelle motivazioni della sentenza del processo per il depistaggio delle indagini a carico di tre poliziotti, l’impossibilità che Cosa Nostra abbia preso l’agenda rossa. “A meno di non ipotizzare scenari inverosimili di appartenenti a Cosa nostra che si aggirano in mezzo a decine di esponenti delle forze dell’ordine, può ritenersi certo che la sparizione dell’agenda rossa non è riconducibile a una attività materiale di Cosa nostra“.

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Sia per tempistiche che per complicatezza i giudici infatti sostengono che a rubare l’agenda rossa di Borsellino non possa esser stato un appartenente a Cosa Nostra. Sono chiari i giudici nelle motivazioni della sentenza, sarebbe stato troppo complesso per un appartenente mafioso impossessarsi dell’agenda in un momento come quello. Per questo motivo per i giudici nascono “due ulteriori logiche conseguenze“.

“Appartenenza istituzionale durante la preparazione della strage”

In primo luogo, l’appartenenza istituzionale di chi ebbe a sottrarre materialmente l’agenda. Gli elementi in capo non consentono l’esatta individuazione della persona fisica che procedette all’asportazione dell’agenda senza cadere nella pletora delle alternative logicamente possibili, ma è indubbio che può essersi trattato solo di chi, per funzioni ricoperte, poteva intervenire indisturbato in quel determinato contesto spazio-temporale e per conoscenze pregresse sapeva cosa era necessario e opportuno sottrarre” scrivono.

Tra i giudici, infatti, echeggia il presentimento, confermato anche dalla testimonianza di un collaboratore di giustizia, che nella strage di Via D’Amelio siano coinvolti anche esponenti delle istituzioni. “L’istruttoria dibattimentale ha consentito di apprezzare una serie di elementi utili a dare concretezza alla tesi della partecipazione (morale e materiale) alla strage di via D’Amelio di altri soggetti (diversi da Cosa nostra) e/o di gruppi di potere interessati all’eliminazione di Paolo Borsellino” scrivono.

“Tempistiche anomale”

I giudici parlano infatti di “un’anomala tempistica della strage di via D’Amelio (avvenuta a soli 57 giorni da quella di Capaci)“. A lasciare sospetti sarebbe anche la “presenza riferita dal pentito Gaspare Spatuzza di una persona estranea alla mafia al momento della consegna della Fiat 126 imbottita di tritolo e la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino“.

Non è aleatorio sostenere che la tempistica della strage di Via D’Amelio rappresenta un elemento di anomalia rispetto al tradizionale contegno di Cosa nostra volto, di regola, a diluire nel tempo le sue azioni delittuose nel caso di bersagli istituzionali (soprattutto nel caso di magistrati) e ciò nella logica di frenare l’attività di reazione delle istituzioni” continuano.

La presenza anomala e misteriosa di un soggetto estraneo a Cosa nostra si spiega solo alla luce dell’appartenenza istituzionale del soggetto, non potendo logicamente spiegarsi altrimenti il fatto di consentire a un terzo estraneo alla consorteria mafiosa di venire a conoscenza di circostanze così delicate e pregiudizievoli per i soggetti coinvolti come la preparazione dell’autobomba destinata all’uccisione di Paolo Borsellino“.

Troppe amnesie con i giudici 

I giudici puntano il dito su tanti testimoni che durante i vari processi pare soffrano di “amnesia” o che comunque non sono limpidi nei racconti. “Tra amnesie generalizzate di molti soggetti appartenenti alle istituzioni (soprattutto i componenti del Gruppo investigativo specializzato Falcone-Borsellino della polizia di Stato), e dichiarazioni testimoniali palesemente smentite da risultanze oggettive e da inspiegabili incongruenze logiche, l’accertamento istruttorio sconta gli inevitabili limiti derivanti dal velo di reticenza cucito da diverse fonti dichiarative, rispetto alle quali si profila problematico e insoddisfacente il riscontro incrociato“.

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