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mercoledì, Aprile 16, 2025
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Cure sanitarie, il triste dato dei pazienti del Sud: boom di viaggi al Nord per migliori prestazioni mediche

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Crescono i viaggi da regione a regione in Italia per ricevere cure sanitarie. I dati raccolti dalla Fondazione Gimbe dimostrano purtroppo, ancora una volta, il divario tra Nord e Sud. E’ infatti aumentato il numero di pazienti che dalle regioni del Sud si spostano per raggiungere le strutture ospedaliere del Nord, soprattutto per patologie oncologiche e muscolo-scheletriche.

Cresce la disuguaglianza tra Nord e Sud

I viaggi per le cure sanitarie che vengono evidenziati dai dati, avvengono principalmente dal Sud verso il Nord. La mobilità riguarda anche le regioni del Centro Nord, soprattutto quelle di confine. Le strutture sanitarie maggiormente attrattive sono quelle private accreditate, che gestiscono circa i tre quarti delle prestazioni di alta complessità, secondo un rapporto dell’Agenas.
Nel 2022 la mobilità sanitaria tra le regioni è aumentata a 5,04 miliardi di euro, il livello più alto registrato fino ad ora. Si tratta di una percentuale superiore del 18,6% a quella del 2021 (4,25 miliardi di euro).
“Questi dati certificano che la mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde disuguaglianze nell’offerta dei servizi sanitari regionali” afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. “Sempre più persone sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate, con costi economici, psicologici e sociali insostenibili.”

Le regioni più attrattive

Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le regioni che da sole raccolgono il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria, ovvero la differenza tra risorse ricevute per curare pazienti provenienti da altre regioni e quelle versate per i propri cittadini che, a loro volta, si spostano altrove. E’ stato registrato un aumento soprattutto per quanto riguarda cure ad alta complessità.

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A generare maggiori debiti per cure ricevute dai propri residenti in altre regioni sono la Campania, Abruzzo, Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio, che rappresentano il 78,8% del saldo passivo. Tuttavia, come spiega il presidente Cartabellotta, i dati della mobilità passiva non riguardano solo il Sud ma anche le stesse regioni del Nord. Regioni come la Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, pur essendo attrattive, registrano comunque una mobilità passiva di pazienti che si spostano per ricevere cure altrove.

Mobilità sanitaria interregionale: le motivazioni e l’impatto sui pazienti

Secondo il report dell’Agenas, il 78,5% della mobilità è legata alla scelta volontaria dei pazienti. Il 17,4% invece è legato a prestazioni di urgenza, mentre il 4,1% riguarda i casi in cui il domicilio del paziente non coincide con la regione di residenza. L’impatto di questi spostamenti incide molto sui pazienti, sia a livello sociale che economico. Comporta dei costi e dei disagi che impattano sulla qualità di vita del paziente e della sua famiglia.
La maggior parte dei pazienti si rivolge a cure fuori regione per ricevere prestazioni terapeutiche, per diagnosi strumentali (soprattutto in Lombardia, che presenta più apparecchiature), e prestazioni di laboratorio. Inoltre, il 22% dei malati oncologici del Sud decide di farsi curare al Nord, che secondo i dati offre più servizi di prevenzione oncologica rispetto al Sud.

Nord e Sud, una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale

“Il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale, che rischia di aggravarsi con la recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata” commenta il presidente Cartabellotta. “Una riforma che, senza adeguati correttivi, finirà per cristallizzare e legittimare le diseguaglianze, trasformando il diritto alla tutela della salute in un privilegio legato al Cap di residenza.”

I dati analizzati mostrano dunque una situazione che rischia di peggiorare ancora di più nel tempo, se non si adottano delle misure di correzione. La mobilità sanitaria, secondo questi report, potrebbe trasformare il diritto alla salute in un privilegio con un impatto negativo sui pazienti e sulle loro famiglie.

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