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COSI’ I CASALESI VOLEVANO UCCIDERE IL MAGISTRATO CANTONE

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Trentamila euro sul piatto, con un rilancio fino a cinquantamila. Soldi necessari a comprare armi e killer sicuri, anche perché le informazioni necessarie all’esecuzione erano già nel carniere. Raffaele Cantone, pm antimafia a Napoli fino all’ottobre scorso, ora giudice in Cassazione, era stato schedato, seguito in ogni suo percorso, logistico e di carriera. Così come facevano le Br ai tempi del terrorismo, anche i camorristi che il magistrato aveva accusato, i falsi pentiti che aveva smascherato, avevano raccolto su di lui decine e decine di notizie, i punti deboli sui quali avrebbero potuto fare leva il giorno dell’attacco programmato, dell’omicidio. Conoscevano il suo indirizzo, il numero e l’età dei suoi figli, la scuola frequentata. Sapevano del suo imminente trasferimento alla Suprema Corte e avevano deciso di agire prima di quella data: per «fargli pagare» le sue inchieste e perché l’attentato servisse da monito e da avvertimento anche agli altri magistrati della Dda napoletana. Due interrogatori, il 20 luglio e il 12 settembre dell’anno scorso. Chi denuncia il progetto di attentato è Luigi Viesto, un camorrista del clan irpino dei Genovese, collaboratore di giustizia caduto in disgrazia ed espulso dal programma dopo un’estorsione compiuta a Bolzano durante il pentimento. È detenuto a Torino, nello stesso carcere che ospita Augusto La Torre e Carmine Di Girolamo, camorristi di Mondragone e Aversa, come Viesto espulsi dal programma per gravissime violazioni accertate dal pm Raffaele Cantone. Tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno, La Torre lo coinvolge in una estorsione, chiede che la sorella consegni alcuni messaggi minatori. Progetta un traffico di armi con l’Olanda, paese in cui il boss mondragonese ha soggiornato a lungo e dove fu arrestato dieci anni fa. E lo mette al corrente del progetto di attentato. Luigi Viesto si spaventa, alla sorella dà l’incarico di avvertire la Procura di Napoli di quanto appreso dai suoi compagni di detenzione. Quando viene interrogato, terrorizzato conferma tutto: «La Torre è una persona molto pericolosa, quando si mette una cosa in testa lo fa». Le indagini successive, del pm Alessandro Milita e del carabinieri del Reparto operativo di Caserta, hanno confermato l’attendibilità di Viesto e il progetto di attentato. Riscontrata anche la nuova estorsione tentata da Augusto La Torre ai danni di un parente mondragonese. E nella giornata di ieri gli è stata notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il progetto di omicidio non è contestato tra i capi di imputazione ma buona parte del documento è dedicata proprio alla sua ricostruzione. Inquietante la saldatura tra vari esponenti della camorra, avvenuta in carcere, con contatti anche con Antonio Iovine, uno dei capi dei Casalesi, latitante da oltre dodici anni, che avrebbe dovuto organizzare la parte militare dell’attentato. Inquietanti anche i rapporti emersi tra La Torre, Di Girolamo ed eccellenti «prestatori d’opera». A raccogliere le informazioni su Cantone fu, dice Viesto, «un investigatore operante nella zona dove viveva, in località protetta, Di Girolamo: credo nel Basso Lazio».


ROSARIA CAPACCHIONE

Il Mattino del 15/05/08

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