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sabato, Giugno 22, 2024
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RIFIUTI, NAPOLI ASSEDIATA

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Sette giorni per uscire dall’emergenza. Venticinque per non ricadere nel vortice dell’immondizia da smaltire. Venticinque giorni per reperire gli spazi per le balle di combustibile da rifiuti che si accumuleranno fino alla costruzione dei termovalorizzatori. Per ora 20mila tonnellate di balle vanno a Taranto per essere bruciate in un forno del gruppo Marcegaglia, adatto per il combustibile da rifiuti campano. Una soluzione per la quale il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino ha voluto ringraziare l’ex presidente dei giovani industriali Emma Marcegaglia, innescando una decisa e polemica presa di posizione del presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto. «Vorrei ricordare – dice Fitto al Mattino – che come commissario per l’emergenza rifiuti in Puglia avrei dovuto essere informato. È assurdo scoprirlo dalle agenzie di stampa. Se si tratta di rifiuti secchi selezionati inviati all’inceneritore rientriamo nei limiti della legge. Ma comunque tocca a me verificare. Se invece si tratta di altro…». La raccolta è ripresa e per ora si stanno depositando le altre balle in due ex discariche nel comprensorio del parco del Vesuvio, a Ercolano e Terzigno. Nella notte di mercoledì ha riaperto il Cdr a Tufino, ieri alle 15 il Cdr di Giugliano subito dopo quello di Caivano, sul quale incombe un’ordinanza del sindaco che impone di trattare un quarto di rifiuti rispetto alle balle che escono. I camion Nu sono tornati a raccogliere, ma nelle strade ci sono almeno 25mila tonnellate di sacchetti da rimuovere, continuano i falò di cassonetti da Giugliano a Frattamaggiore e Acerra, da Torre del Greco a Caivano. Sacchetti marciti, in fiamme centraline telefoniche e dell’Enel. Trenta sindaci hanno firmato ordinanze per chiudere scuole e locali pubblici, molti istituti scolastici ieri sono rimasti chiusi. Una parte dei rifiuti accumulati andrà fuori regione, in Emilia Romagna spazzatura indifferenziata, in Puglia balle di Cdr, ma all’arrivo dei primi 14 camion a Massafra, provincia di Taranto, si sono registrate le prime proteste. Il ritorno alla normalità sarà una operazione non semplice, per la quale occorre almeno una settimana, a meno che le proteste dei cittadini esasperati, come a Giugliano, non tornino a bloccare le attività o a rallentare gli sversamenti. Il commissariato per l’emergenza attende che il governo metta un punto fermo, con un decreto per fare chiarezza sui poteri commissariali e di intervento nel caso di contrordinanze emesse dai sindaci. L’aspetto più atteso dell’intervento governativo, dopo il vertice di mercoledì in Regione con il capo della protezione Civile, Guido Bertolaso, sono gli eventuali incentivi ai comuni che metteranno a disposizione aree di stoccaggio per le balle di Cdr. Giugliano è un caso a parte, perché nonostante recenti accordi, è stata riaperta una discarica per accogliere i rifiuti tritovagliati della provincia di Salerno. I cittadini si sono ribellati bloccando ieri i camion, due volte i manifestanti sono stati allontanati da polizia e carabinieri, due volte sono tornati.






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GIGI DI FIORE



– Lo scenario surreale, dove nulla sembra essere al posto giusto, pare preso da una sequenza di «Blade runner». Polvere secca, avvolta da un’afa grigia, circonda questa che, fino a dieci anni fa, era una delle nove discariche private aperte, pronta ad accogliere i rifiuti di tutta la provincia: l’«Ammendola e Formisano». Il verde cancello elettronico d’ingresso è arrugginito. «Divieto di transito agli estranei», dice l’annerito cartello. In disarmo il casotto del custode, sotto la ferraglia del nastro di scorrimento che ricorda l’antica «Cava Fiengo». Un giovane carabiniere è chiuso nella sua Punto blu di servizio, mentre parla al telefonino. Si gode i benefici dell’aria condizionata e dice: «Aspetto personale».
Da sabato scorso, quando, quasi di nascosto, qui vennero scaricate 200 balle di rifiuti, un servizio di vigilanza è diventato d’obbligo. Il Comune di Ercolano non ci sta alla riutilizzazione della vecchia discarica, il commissario straordinario la pensa diversamente. Ed i carabinieri vigilano che non si verifichino incidenti, per i contrasti tra ordinanze sindacali e provvedimenti commissariali. Il carabiniere solitario richiude il finestrino e torna a fissare la desolazione circostante. Sulla destra, la vecchia sala del pronto soccorso con una barella e mobiletti vuoti di medicinali; la baracca di cemento con la grande bilancia dove, in epoche che sembrano ormai remote, venivano pesati i cumuli di rifiuti sui camion, pagati a peso. Roba da museo dell’immondizia. Tre escavatrici in disarmo, due camion a pezzi. In un angolo tre operai. Uno ha dei fogli. Passa veloce e dice: «Parlate con il custode». Ma il custode non c’è. Fuori l’edificio chiaro che lo ospita, si vedono solo segni della sua presenza: un’altalena per bambini, un tavolo con tre sedie ed una tovaglia di plastica.
Deserto, caldo, sensazione di morte. I tre parlottano in attesa, mentre il carabiniere, per ingannare la noia, fa un piccolo giro in auto tutt’intorno. Poi, eccola: la collina del disonore. O dell’artificio contro natura realizzato dall’uomo. È alta, compatta, avvolta da vegetazione: è la collina innalzata dalla monnezza compattata negli anni. Cosa ci sia dentro, cosa può sprigionare, nessuno lo sa. Un retaggio del passato, assorbito ormai dal paesaggio. Poco dietro, ecco, tutte bianche, le duecento ecoballe scaricate sabato. Un blitz che ha provocato la reazione della giunta di Ercolano, con blocchi e divieti affidati ai vigili urbani.
Spettri intorno. Poco fuori l’area della discarica, lo scheletro dell’antico opificio della cava. Poi, la carcassa di un camioncino bianco. E polvere, polvere. Nera, giallina, grigia. Infetta dall’afa e chissà da cos’altro. Per anni, quest’impianto è stato un incubo per gli abitanti sistemati a pochi metri. San Vito è una frazione di Ercolano, ma è quasi una cittadina nella cittadina con i suoi quattromila abitanti. In una macelleria, si discute del blitz di sabato. Gennaro, un pensionato che in via Marsiglia va a giocare a bocce, dice: «La puzza è stato il nostro incubo. Abbiamo protestato, sì che abbiamo protestato per anni. Poi ce l’hanno chiusa quella cosa». E indica sopra via Marsiglia, la stretta stradina che porta al surreale. Una signora con la busta della spesa ha voglia di puntualizzare: «C’è sempre emergenza sulla spazzatura. E ogni tanto ritornano qui. Ma quella vecchia cava doveva essere un discorso chiuso. L’avete vista quella montagna di spazzatura? Chissà che non stiamo respirando veleno da anni».
Solo pochi metri più avanti comincia il Parco nazionale del Vesuvio. Dall’alto, dall’Info-point del Parco, le balle bianche di rifiuti, scaricate sei giorni fa, appaiono un ammasso chiaro. Solo due anni fa, in un’altra ricorrente emergenza rifiuti, aveva detto l’allora presidente del Parco, Maurizio Frassinet: «Non ci potrà mai essere nessuna discarica nel Parco». La «Formisano Ammendola» fa il paio con la «Fungaia» di Somma vesuviana: entrambe a ridosso del Parco del Vesuvio. Sei anni fa, l’impianto di Ercolano fu messo in sicurezza. Ora si riparla di una sua possibile riutilizzazione per l’emergenza. Ruminano le quattro grasse pecore proprio alle spalle del carabiniere in auto. Sistemate sotto il nastro di metallo arrugginito della cava, sono le uniche vere testimonianze di vita in questo deserto spettrale. Poco distante, neanche il cagnone da guardia bianco ha voglia di alzarsi. Mentre la polvere riempie centinaia di metri quadri di questa valle del rifiuto, dichiarata «esaurita» nel ’93. Il custode spia, sorridendo, dietro le finestre. Finalmente i curiosi sono andati via.




IL MATTINO 9 MAGGIO 2003

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