Una villetta inaccessibile e videosorvegliata, via di fuga già prestabilita con ringhiera di un balcone tagliata e botola di accesso in giardino, cani e una vedetta. Carmine Amato e Daniele D’Agnese, reggente ed elemento di spicco del clan Amato-Pagano, da almeno 15 giorni, raggiunti nell’ultima settimana da mogli e figli, rimanevano sulla collina dei Camaldoli, a Napoli, poco distante dalla discarica di Chiaiano e da una cava di tufo, ma soprattutto dal quartiere di Scampia dove con cinque omicidi dall’inizio dell’anno si consumava una frizione tra Amato, nipote del boss Raffaele, e Mariano Riccio, genero dell’altro boss Cesare Pagano, che era scontento della gestione del clan e si proponeva come reggente. Per questo i due camorristi erano protetti e armati, anche se non hanno opposto resistenza all’arresto. Più che le forze dell’ordine, temevano agguati. La Squadra Mobile ha fatto irruzione dopo appostamenti nella zona individuata come nascondiglio dopo aver monitorato familiari e favoreggiatori abituali del clan. “Sono due personaggi di elevato spesso criminale – spiega il capo della Mobile Vittorio Pisani – e questa è stata una operazione resa difficoltosa dalla particolarità del luogo scelto come rifugio. Siamo riusciti a sorprenderli solo scalando la cava, attraverso un sentiero privo di vegetazione tracciato dallo scolo delle acque piovane, e un poliziotto si è fratturato una caviglia e un altro lussato un gomito”. Il parco in cui sorge la villetta è esteso ed era stato oggetto di un rilievo attraverso elicottero, fatto alzare in volo durante l’ennesima crisi nello smaltimento rifiuti a Napoli, quando l’ispezione poteva essere scambiata per una ricognizione sullo stato della discarica di Chiaiano. Denunciato il ragazzo incensurato messo di vedetta all’ingresso del parco, anche perchè è arrivato ad avvertire i due latitanti solo ad operazione conclusa, quando ha avvistato le macchine della polizia in moto per portare via gli arrestati.
(Agi)
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