25.3 C
Napoli
domenica, Maggio 19, 2024
PUBBLICITÀ

“LE CAVE INGOIANO RIFIUTI TOSSICI”
Giuglianese, la denuncia di Legambiente

PUBBLICITÀ


GIUGLIANO. Una città da scavare. Ventisette cave, bonifiche fittizie, smaltimenti con truffa. E’ allarme rosso per le attività estrattive a Giugliano. Nel mirino degli ambientalisti l’assenza di controlli sulla coltivazione delle cave e l’effettivo ripristino ambientale. «Auspichiamo una revisione del piano regionale – spiega Raffaele Del Giudice, responsabile territoriale di Legambiente – A Giugliano è necessaria un’inversione di tendenza dopo gli anni degli eccessi e della crescita sregolata. Occorre un progetto chiaro che punti alla riqualificazione del patrimonio urbanistico e riduca la possibilità che le cave vengano trasformate in discariche a cielo aperto». Solo a Licola sono nove gli invasi di sabbia e pozzolana, di cui otto abbandonati. Altre sette cave sono sparse tra via San Nullo e contrada San Severino, a Varcaturo. Alle spalle di via Grotta dell’Olmo sono invece tre gli invasi, tutti autorizzati e funzionanti: tra questi anche il contestato sito di Settecainati, capolinea della frazione organica in uscita dagli impianti di Cdr. Altri nove impianti sorgono, infine, tra Ponte Riccio e Scafarea: si tratta di vecchie cave per l’estrazione di tufo giallo e pozzolana, oggi abbandonate o chiuse per mancanza di autorizzazioni. «I siti dismessi vanno bonificati al più presto – dice Anna Savarese, direttore regionale di Legambiente Campania– Bisogna fermare l’attività della malavita organizzata che, com’è noto, ha rilevanti interessi nella gestione dell’attività estrattiva, ma anche nel settore delle bonifiche. Sono ben conosciute le società specializzate che si occupano del recupero delle cave – riprende Savarese – Nella maggior parte dei casi si tratta di società costruite dagli stessi individui che hanno distrutto o ferito profondamente il territorio e che si candidano poi ad estrarre residui di giacimento con il falso obiettivo del recupero. A dimostrarlo ci sono le recenti rivelazioni dell’indagine Re Mida». Il riferimento è ad un troncone dell’operazione condotta dal pm Maria Cristina Ribera che lo scorso novembre portò in manette 19 persone. Le ordinanze di custodia cautelare parlano di «smaltimento illecito». Tradotto, significa che decine di camion carichi di veleni arrivavano dalla Lombardia a Licola, in una cava dove in realtà si sarebbero dovuti sversare soltanto materiali utili alla riconversione ambientale: terriccio, radici e quant’altro potesse agevolare la crescita di piante e di erba. Invece, stando alle indagini dei carabinieri, in quella cava di Licola non solo è stata sversata per mesi spazzatura che sarebbe dovuta andare altrove, ma i rifiuti arrivavano senza essere stati prima sottoposti ai trattamenti previsti dalle legge. «Si tratta di alcuni procedimenti che le ditte di smaltimento devono eseguire obbligatoriamente», dicono a Legambiente, ma che le società coinvolte nell’inchiesta risparmiavano grazie a false certificazioni ottenute da laboratori compiacenti. «E’ quello che succede ancora oggi un po’ ovunque– aggiunge Del Giudice – In pratica: gli autisti viaggiano con tutti i documenti in regola, anche quelli che attestano il trasporto di materiale utile alla riconversione ambientale, ma di fatto i camion arrivano a destinazione esattamente come sono stati caricati alla partenza». Insomma, il trattamento dei rifiuti avviene, ma solo sulla carta.



UF IL MATTINO 12 SETTEMBRE 2004

PUBBLICITÀ
PUBBLICITÀ

RESTA AGGIORNATO, VISITA IL NOSTRO SITO INTERNAPOLI.IT O SEGUICI SULLA NOSTRA PAGINA FACEBOOK.

PUBBLICITÀ

Ultime Notizie

Buone ragioni per comprare un climatizzatore Daikin

Daikin è di certo uno dei brand più affidabili nel settore dei climatizzatori per uso residenziale. Parliamo, infatti, di...

Nella stessa categoria