GIUGLIANO. Il sindaco lo aveva invitato a costituirsi. «Come può un padre, dopo avere ucciso, scappare lasciando la figlia in carcere?», aveva dichiarato Rosa Russo Iervolino al Mattino. Sono arrivati prima i carabinieri, però, che a Giugliano hanno arrestato il pregiudicato di 41 anni del Cavone accusato di aver ucciso il 15 ottobre, in via Salvator Rosa, il diciassettenne Salvatore Albino. Si chiude così una caccia condotta dai carabinieri del Comando Provinciale, alla guida del generale Vincenzo Giuliani. Una caccia durata poco più di un mese, da quando le indagini sull’assassinio del giovane avevano imboccato la strada della vendetta per «futili motivi» coinvolgendo non solo un adulto ma anche una ragazzina. Per il delitto infatti è detenuta dal 4 novembre scorso la figlia del pregiudicato, di soli quindici anni, accusata dell’omicidio in concorso con il genitore. I due avrebbero dato la caccia ad Albino ritenendolo il responsabile del furto del ciclomotore della ragazza. Accusa che la minore, assistita dagli avvocati Antonio e Maurizio Silvestro, ha sin qui sempre energicamente respinto. E che ora viene formalmente contestata al padre. L’uomo si nascondeva nell’abitazione di un conoscente che stava scontando in detenzione domiciliare una condanna. I carabinieri si sono recati presso l’abitazione di Giugliano per effettuare un controllo e hanno sorpreso, oltre al detenuto, anche il latitante. Al quarantunenne ricercato per omicidio è stato notificato il decreto di fermo emesso nei suoi confronti dal pm Raffaele Marino, titolare delle indagini. Il detenuto che lo ospitava è stato arrestato per favoreggiamento assieme alla moglie. Entrambi sono assistiti dall’avvocato Salvatore Landolfi. Ora la parola passa al giudice. Dovranno essere convalidati sia gli arresti in flagranza della coppia presso la quale il ricercato si rifugiava sia il fermo per omicidio disposto dal pm Marino. Già oggi gli atti saranno trasmessi all’Ufficio Gip. Salvatore Albino, diciassette anni, fratello di un ex esponente della camorra del Vomero da alcuni mesi divenuto collaboratore della giustizia, fu ucciso a colpi di pistola in via Salvator Rosa. Le prime indagini ipotizzarono una ritorsione della criminalità organizzata volta a far tacere il fratello pentito. Con il passar delle ore però si andò delineando uno scenario differente: e venne fuori la storia del furto di un ciclomotore del quale Albino si sarebbe reso responsabile prima di essere ammazzato. Secondo l’accusa, la quindicenne proprietaria del ciclomotore avrebbe chiesto al padre di mettersi alla caccia del ladro. I due sarebbero usciti a bordo di un altro motorino e l’uomo, una volta individuato in Albino l’autore del colpo, avrebbe sparato uccidendolo. Questa ricostruzione è stata contestata sin dal primo momento dalla ragazza. Ma dopo un primo interrogatorio a piede libero, mentre il padre aveva già fatto perdere le proprie tracce, la minore è stata raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale per i minorenni. Interrogata per la seconda volta, l’indagata si è difesa a tutto campo. Il provvedimento restrittivo è stato però confermato dal Tribunale del Riesame con una decisione contro la quale la difesa ha presentato ricorso in Cassazione. Intervistata dal Mattino il 14 novembre scorso, il sindaco Iervolino aveva affermato di essere rimasta particolarmente colpita «dalla storia del padre che assieme alla figlia avrebbe ucciso il diciassettenne ladro di un motorino». Così aveva rivolto all’uomo un appello a consegnarsi alle forze dell’ordine: «Non ha quindici anni. Si costituisca», aveva dichiarato il primo cittadino. Ieri, a sorpresa, la svolta. Davanti al giudice, l’indagato potrà adesso raccontare la sua verità su quella sera.
DARIO DEL PORTO – 26 NOVEMBRE 2004
