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Omicido dei coniugi: si cerca il complice di Antonio Riano

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Gli investigatori che seguono il caso dei coniugi assassinati a cava Monticelli, nei pressi di via Ripuaria la sera del 18 aprile, hanno riscontrato la presenza di una nuova impronta digitale sul taxi di Gino Simeone. Secondo i primi rilievi si tratterebbe del palmo di una mano sul finestrino della vettura riconducibile ad una persona di sesso maschile incensurata. Questo potrebbe aprire al coinvolgimento di un’altra persona che avrebbe aiutato Antonio Riano, il fioraio ventisettenne di Pianura a compiere il duplice omicidio e poi a scaraventare i corpi lungo la scarpata dove furono ritrovati il giorno seguente. I contorni del delitto sono ancora oscuri e si cerca di ricostruire l’accaduto partendo dall’acquisto della casa dei coniugi Simeone, che era oggetto di compravendita tra il giovane e la coppia uccisa, e che secondo i genitori di Riano sarebbe stata venduta e rivenduta fino a cinque volte, truffando così loro figlio.

Riano dal carcere dove è stato sentito dagli inquirenti ha dichiarato che :«La sera del 18 aprile scorso ero andato a comprare un bottiglia di spumante per portarla alla casa di via Colonne, di cui avevo le chiavi, per fare una sorpresa alla mia fidanzata riguardo all’acquisto dell’immobile, poi mi sono recato da mio cognato per consegnargli un assegno». Questa la ricostruzione fatta da Riano sui suoi spostamenti la sera del duplice omicidio, elementi che devono ora essere oggetto di riscontro.

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La pista del complice è anche suggerita dal fatto che il ventisettenne non era pratico della zona periferica di Giugliano dove furono ritrovati i corpi di Simeone e della moglie Immacolata Assisi e che a suggerire il posto sia stato colui che poi lo avrebbe aiutato ad ammazzare la coppia. Ancora da capire che fine abbia fatto l’arma, una pistola semiautomatica, con cui sono stati sparati i sette proiettili calibro 7.65 , usati per uccidere i due cinquantenni residenti a Melito, ma originari di Secondigliano.

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