Ci lasciava 31 anni fa Freddie Mercury, icona del rock e frontman dei Queen. Il giorno prima aveva rivelato al mondo intero di avere l’Aids: “Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell’Hiv e di aver contratto l’Aids”, scriveva in un comunicato stampa. Erano i tempi in cui il virus dell’Hiv era una condanna a morte.
“Ho ritenuto opportuno tenere riservata questa informazione fino a questo momento – aggiungeva il frontman dei Queen -, al fine di proteggere la privacy di quanti mi circondano, tuttavia è arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità, spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e al mondo intero nella lotta contro questa tremenda malattia”.
Ventiquattro ore dopo Mercury moriva nella sua casa londinese, per le conseguenze di una polmonite contratta proprio a causa del virus. Cinque mesi dopo a Wembley si è tenuto uno storico concerto-tributo all’artista: non solo per ricordare un’icona del rock, anche per sensibilizzare le persone al tema della diffusione dell’Aids e raccogliere fondi per l’organizzazione no profit The Mercury Phoenix Trust.
Dopo 31 anni la leggenda del cantante riecheggia ancora tra le mura dell’alta musica, per la sua unicità e per il modo tutto suo che aveva di esternarsi al pubblico e di comunicare; Freddie non aveva legami particolari con il mondo del calcio partenopeo eppure, durante un concerto a Buenos Aires nel 1981, accade un evento irripetibile:
il dio del rock e il dio del calcio Diego Armando Maradona sono insieme sul palco, davanti 55mila persone adoranti ai quali Diego introdusse i Queen. Maradona ancora ricorda a distanza di tempo quell’occasione speciale: “We are the champions, my friends”