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martedì, Aprile 30, 2024
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Cinque partite giocate contro il Napoli e il rapporto odio-amore con Maradona: Pelé ad un soffio dalla maglia azzurra

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Pelé ci ha lasciati a 82 anni. Alla fine ‘O Rei si è dovuto arrendere alla malattia che ormai da tempo lo perseguitava, senza lasciargli pace. Colui che, fino ad ieri, è stato l’ultimo simbolo vivente del calcio, l’ultimo simbolo trasversale ed universale del XX secolo. Pelé è stato il fondatore del calcio moderno, quello in cui tutti oggi ci rivediamo e che ammiriamo, e ancor prima dell’altro Dio del calcio, Diego Armando Maradona, è stato l’idolo dei poverissimi, delle periferie di tutto il mondo, simili a quelle da cui era sbucato lui. E da cui ce l’aveva fatta. E diventando, da “Perla Nera”, ‘O Rei.

COS’E’ STATO PELE’ PER LA GENTE

Pelé se n’è andato a pochissimi giorni dalla vittoria del Mondiale da parte dell’Argentina di Leo Messi. Elemento che, indubbiamente, ha fatto riaccendere la discussione su chi sia il più grande di tutti i tempi nella storia del calcio. I numeri, ovviamente, vertono a favore della Pulce, che ha da poco agguantato l’unico trofeo che ancora mancava nel suo palmares, la Coppa del Mondo. Ma è davvero possibile effettuare un paragone basandosi unicamente sul numero dei trofei in bacheca? Ovviamente, se da un lato è impossibile fare un paragone in quanto si trova ad aver a che fare con epoche diverse e sistemi di gioco completamente diversi, è anche vero che dall’altro lato la grandezza, più che dal numero di trofei vinti, è data da ciò che si è rappresentato per le persone, da ciò che si è stato per gli altri. E Pelé, anche qui ancor prima di Maradona, è stato la trasposizione di una scultura michelangiolesca su campo da calcio, la perfezione per antonomasia, capace di compiere gesta e giocate con scarpini diversi, campi da gioco diversi, palloni diversi, atmosfera diversa. La personificazione di ciò che era il calcio all’epoca. Il che spiegherebbe perché poi Pelé è stato vissuto in maniera forse meno forte e viscerale, proprio per il suo modo di fare “tirannia” nel calcio di allora, essendo incontrastabile e inavvicinabile in tutti i sensi.

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E’ DAVVERO POSSIBILE PARAGONARLO A MARADONA?

Se Maradona usava, a sua detta, “il piede destro solo per salire sull’autobus”, per Pelé il piede destro era il suo simbolo, il suo marchio di fabbrica, era il suo strapotere atletico sugli altri, estro, agilità. E Pelé è stato un simbolo anche in questo. In un calcio di oggi che sceglie assai precocemente i suoi idoli, assi e predestinati, non è ancora arrivato nessuno capace di vincere un Mondiale a 17 anni, nominato miglior giocatore del Mondiale a 17 anni e che, senza di lui, la selezione Carioca non avrebbe probabilmente mai agguantato i successi ottenuti in quegli anni, tra il 1958 e il 1970. Era infatti il 19 giugno del 1958 quando Pelé, a 17 anni, esordiva nel Mondiale di Svezia contro il Galles, diventando il giocatore più giovane ad esordire in tale competizione. E poi a vincerla, in finale proprio contro la Svezia di Liedholm, Gren e Hamrin, a suon di numeri e magie.

Un altra differenza che può essere fatta tra i due migliori assi del mondo del calcio è quella dal punto di vista delle opinioni. Un confronto tra le due facce del pallone è sempre stato tanto affascinante quanto inevitabile, con Diego simbolo non tanto di un’identità politica, quanto di un certo humus culturale transnazionale: quello dei deboli contro i ricchi. Pelé invece è sempre sotto il simbolo del povero che ce l’aveva fatta, con le sue forze del suo talento, ed era quindi inevitabile che alla fin fine, con il passare degli anni, si spostasse verso una parte maggiormente conservatrice. Perché in fondo il suo pallone è sempre stato un pallone legato al passato.

Ragion per cui si può dire che, più che un paragone sui campi di calcio, avendo i due segnato epoche completamente diverse, giocato in epoche e schemi calcistici completamente diversi e diventati idoli della gente in epoche opposte, un paragone tra i due potrebbe realmente esistere in maniera morale. Non per i calciatori che sono stati, ma appunto per ciò che sono stati per la gente, per chi li ha vissuti.

Lui stesso, alla domanda “Chi è più forte tra te e Maradona?”, rispose “Di Stefano”. Il che la dice lunga.

PELE’ A NAPOLI PRIMA DI MARADONA

E c’è stato un tempo in cui Pelé ha avuto a che fare con Napoli e con il Napoli ancor prima di Maradona. E lo ha fatto in cinque occasioni, tra il 1968 e il 1972, mettendo a segno complessivamente 7 reti contro gli azzurri. In particolare, la partita del 1972 è stata raccontata da Paolo Paoletti, giornalista, che la descrisse come una partita mostruosa e in cui Pelé, oltre a segnare un gol storico (il suo numero 1100 in carriera), incantò il San Paolo a suon di colpi e lampi di genio.

E in cui Pelé è stato anche cercato dal Napoli. Quello di Roberto Fiore, nel pieno della sua maturità calcistica, come sarebbe stato svelato dallo stesso ‘O Rei. E sarebbe stato senz’altro uno dei colpi migliori della storia degli azzurri, dopo Sivori e Altafini e prima di Maradona.

Maradona a cui Pelé, in occasione di quel maledetto 25 novembre 2020, dedicò uno struggente messaggio su Twitter in cui scrisse: “Spero un giorno di poter giocare insieme a calcio in Paradiso”. Quel paradiso che da oggi, con Pelé, Maradona e un altro pilastro della storia del calcio, Johan Cruijff, avrà ogni volta il tutto esaurito.

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