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lunedì, Maggio 6, 2024
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Da Giugliano a Parma per rapinare la banca: esce dal carcere componente della banda del buco

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De Cicco Carmine, giuglianese dell’82, già noto alle forze dell’ordine, era stato condannato a 10 anni di reclusione dal Tribunale di Parma. Secondo il giudice, quale membro della banda del buco, aveva commesso vari reati, tra cui una rapina milionaria a Parma. Diversi i reati contestati: associazione per delinquere finalizzata alle rapine; rapina pluriaggravata consumata; tentata rapina; crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, danneggiamento aggravato, lesioni ed altro.

Il Magistrato di Sorveglianza di Napoli, la Dottoressa Maria Picardi, ha accolto la richiesta dell’avvocato Luigi Poziello del Foro di Napoli Nord. Gli ha quindi concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali, consentendo all’uomo di espiare la condanna fino al 2027 svolgendo attività lavorativa a Giugliano. La decisione è stata presa in attesa della camera di consiglio che verrà fissata innanzi al Tribunale di Sorveglianza di Napoli.

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De Cicco aveva già usufruito degli arresti domiciliari durante tutta la durata del processo, concessi dal GIP del Tribunale di Parma. Salvo poi vedersi rinchiudere di nuovo, dopo circa 3 anni di arresti domiciliari, in carcere a Poggioreale a causa dell’ostatività del reato di rapina.

Il fatto

La banda avrebbe scavato un grosso tunnel, lungo ben undici metri all’interno del sistema fognario del centro storico di Parma. In modo tale da entrare e rapinare la banca Bper di via Cavour, entrando direttamente nel caveau. I rapinatori della banda del buco stavano per colpire ancora, dopo lo spettacolare colpo alla filiale della Banca Monte Parma in via Venezia del 31 ottobre 2017.

Tuttavia sono stati fermati dai carabinieri di Parma che, in sinergia con la Procura, hanno portato avanti le indagini a partire dalla rapina al caveau di ottobre. Sono arrivati, così, all’emissione delle ordinanza di custodia cautelare e ai dieci arresti avvenuti il 22 maggio. Sei fermi sono avvenuti a Parma, uno a Reggio Emilia, due a Giuliano e uno a Bellaria. Un incidente di percorso negli scavi, il cedimento del manto stradale in borgo Mazza il 17 marzo, ha reso concreto il pericolo di fuga: a quel punto gli inquirenti hanno deciso di agire.

Le operazioni di scavo erano pensate nei minimi dettagli. Il direttore dei lavori comunicava telefonicamente, usando telefoni che avrebbero dovuto essere sicuri per la banda, con gli ‘operai’ che stavano scavando. In particolare li avvertita se i rumori degli scavi si sentissero all’esterno mentre l’attenzione per il lavoro era maniacale e tutta volta a nascondere gli attrezzi utilizzati. Che, per esempio, venivano riposti in una struttura composta da assi di legno, creata con un soppalco all’interno del tunnel.

Qualcosa, però, va storto. Il 17 marzo si verifica un cedimento strutturale con crollo del manto stradale in Borgo Mazza, di cui i banditi non si accorgono. In quel momento infatti avevano fatto ritorno nei paesi di origine in Campania.

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