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giovedì, Maggio 2, 2024
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Emergenza racket a Giugliano, ma non ci sono né associazioni né sportelli per le vittime: politici e commercianti tacciono

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Ad una settimana dagli arresti per racket, a Giugliano si discute di tutto fuorché del fenomeno estorsivo che nella terza città della Campania, sempre più presente. Nessuna voce, infatti, si è alzata né dalla politica né dalle associazioni di imprenditoria dopo il blitz eseguito dai militari dell’Arma della locale Compagnia che ha portato al fermo di 5 esponenti del clan Mallardo. I politici, di tutti gli schieramenti, e le varie associazioni di categoria, di solito sempre attenti a commentare gli accadimenti di cronaca e attualità, hanno scelto la strada del silenzio.

Certo, parlare di camorra e di racket può vuol dire tutto o niente, anzi spesso la parola legalità viene abusata dagli addetti ai lavori, utilizzata più come specchietto per le allodole che per affrontare concretamente il fenomeno. Lavorare in silenzio e sottobanco, come alcuni hanno sempre fatto e stanno facendo, è la soluzione ideale. Ma a volte è anche giusto esporsi, soprattutto quando, come si evince dalle carte dell’ultimo blitz antiracket, c’è stato un solo imprenditore a denunciare gli aguzzini, mentre le altre vittime hanno scelto addirittura la strada opposta, quella di autodenunciarsi alla camorra per proseguire tranquillamente i lavori. (leggi qui l’articolo).

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Così mentre il gip ha confermato il carcere per Ernesto Cecere, Gennaro Maraniello, Gaetano Mele, Giuseppe Mele e Nicola Sarnataro (difesi dagli avvocati Celestino Gentile, Michele Giametta, Luigi Poziello ed Alessandro Caserta), dall’altro si lavora per costruire una rete antiracket a Giugliano.

Nonostante il fenomeno estorsivo nella terza città della Campania è sempre vivo e aggressivo, non si è riusciti a realizzare nel corso degli anni né uno sportello antiracket né un’associazione. Salvatore Cantone, referene Fai (Federazione antiracket italia) in provincia di Napoli, è fiducioso ma allo stesso tempo lancia un appello: “Oggi non bisogna cercare più scuse, chi sceglie di non denunciare lo fa per convenienza e non per paura. Le vittime sanno che non si è soli, c’è assistenza sotto tutti i punti di vista, sociale e legale. Purtroppo – continua Cantone – c’è ancora una mentalità troppo radicata. Anche nell’area giuglianese ci sono tantissimi imprenditori vittime del racket che scelgono di piegarsi alla camorra invece di ribellarsi e denunciare. Nell’ultimo blitz, per esempio, l’unico imprenditore che ha denunciato già faceva parte da tempo della nostra associazione Fai”. 

Anche nell’area giuglianese si sta cercando di costruire un percorso per la creazione di un’associazione antiracket, ma non è facile: “Stiamo lavorando ma c’è bisogno che almeno 5 imprenditori si costituiscano in associazione, poi ci sono una serie di pratiche burocratiche e giudiriche da rispettare. Avere uno sportello fisico sul territorio non è fondamentale né necessario – dice il referente Fai – anzi spesso lo sportello lascia il tempo che trova. L’importante è far capire alle vittime del racket che non si è soli. Possono rivolgersi alle forze dell’ordine quando vogliono, senza piegarsi alla camorra, senza essere considerati dei traditori”. 

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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