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giovedì, Maggio 2, 2024
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Racket Clan Mallardo, l’inchiesta partita da un imprenditore coraggio ma molte vittime si ‘autodenunciavano alla camorra’

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Sono almeno 5 gli episodi estorisivi subiti da imprenditori che avevano aperto cantieri a Giugliano da febbraio allo scorso mese di aprile. Cinque presunti affiliati al clan camorristico Mallardo, accusati di tentata estorsione continuata e di ricettazione aggravati dal cosiddetto ‘metodo mafioso’, sono stati sottoposti a un provvedimento di fermo emesso dalla Dda dai Carabinieri della Compagnia di Giugliano.

Dalle indagini è emerso che per recarsi nei cantieri dove chiedere il pizzo gli indagati usavano moto con targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli. Si tratta di Ernesto Cecere, Gennaro Maraniello, Gaetano Mele, Giuseppe Mele e Nicola Sarnataro (difesi dagli avvocati Celestino Gentile, Michele Giametta, Luigi Poziello ed Alessandro Caserta) In particolare, le condotte estorsive sarebbero state poste in essere tra i mesi di marzo ed aprile 2023, in danno, nello specifico, di vari imprenditori edili. Nei confronti dei quali, mediante minacce, gli indagati avrebbero preteso il pagamento di tangenti per consentire la prosecuzione dei lavori intrapresi nel suddetto Comune. Presi di mira soprattutto cantieri edili di costruzioni private.

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A tale scopo, per recarsi presso i cantieri, venivano utilizzati dagli indagati motoveicoli cui erano apposte targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli.  Una volta giunti sul cantiere minacciarono gli operai: “Chi è il masto? Sapete dove venire..dovete venire dai compagni”. Questa una delle frasi utilizzate dagli arrestati.

Tra gli scorsi mesi di marzo e aprile avrebbero gravemente minacciato a scopo di estorsione alcuni imprenditori impegnati in lavori edili a Giugliano in Campania: cinque presunti affiliati al clan camorristico Mallardo, accusati di tentata estorsione continuata e di ricettazione aggravati dal cosiddetto ‘metodo mafioso’, sono stati sottoposti a un provvedimento di fermo emesso dalla Dda dai Carabinieri della Compagnia di Giugliano.   Dalle indagini è emerso che per recarsi nei cantieri dove chiedere il pizzo gli indagati usavano moto con targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli.

A tale scopo, per recarsi presso i cantieri, venivano utilizzati dagli indagati motoveicoli cui erano apposte targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli.  Una volta minacciarono gli operai: “Chi è il masto? Sapete dove venire..dovete venire dai compagni”. Questa una delle frasi utilizzate dagli estorsori.

Il modus operandi era sempre lo stesso: si presentavano sui cantieri con veicoli (moto o auto) con targe contraffatte e caschi integrali dopodiché si rivolgevano agli operai dicendo: “Il masto dove sta? Dovete togliere mano altrimenti abbuscate. Posate i ferri”. Queste le parole che ripetevano di cantiere in cantiere. “Chi è l’impresa, vogliamo sapere chi è l’impresa. Vi do 10 minuti per andare via, scendete da qui”. Queste le minacce rivolte agli operai sui vari cantieri edili.

La denuncia delle vittime e l’autodenuncia al clan

Le indagini sono partite dalle denunce di alcuni imprenditori che si sono presentati in Caserma a Giugliano per raccontare l’accaduto. Ai carabinieri una delle vittime portò anche i filmati del cantiere dove gli estorsori si erano recati per portare a termine le proprie minacce.

A quel punto i carabinieri iniziano una serie di intercettazioni, grazie alle quali riescono a ricostruire il gruppo che andava a terrorizzare i cantieri del Giuglianese. Grazie al sistema di localizzazione GPS istallato sullo scooter di Pino Mele, i carabinieri riuscirono ad individuare e a localizzare il luogo dove si erano recati per effettuare l’estorsione. Giunti sul posto i militari chiesero ad uno dei proprietari dello stabile dove erano in corso lavori di ristrutturazione perché non ci fossero operai sul cantiere. L’uomo si giustificò dicendo che gli operai erano via per una asserita mancanza di materiale. A quel punto l’imprenditore chiamò l’operaio che era stato minacciato, il quale raccontò la verità di ciò che era successo: ovvero che erano stati costretti ad andare via dopo le minacce degli estorsori del clan. Fatto del quale l’imprenditore, a quanto pare, non era stato messo a conoscenza.

Alcuni imprenditori, invece, avevano già comunicato al clan l’inizio dei lavori.  Comportamento questo di chi si dichiara disponibile a pagamenti di natura estorsiva senza necessità di “visita” al cantiere. Come ad esempio aveva fatto una delle vittime che un mese prima era andato dal clan Mallardo per avvisarli dell’apertura del cantiere. Gaetano Mele si lamenta di essere uscito inutilmente: “Ci siamo fatti un’uscita a vuoto…e racconta di aver rimproverato la vittima  di non aver avvisato che aveva un cantiere in atto “. Questo però gli aveva, risposto di aver notiziato il clan un mese prima.

Anche in un altro caso il titolare di un’impresa che aveva iniziato lavori di ristrutturazione presso la sua palazzina aveva provveduto a comunicare anticipatamente ad un affiliato del clan l’inizio del cantiere.

 

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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