Un sequestro di beni per oltre 5 milioni di euro è stato disposto dalla Procura della Repubblica di Piacenza ed è stato eseguito dalla Guardia di Finanza, nell’ambito di un’indagine su un’articolata frode fiscale basata sulla creazione e la cessione di crediti d’imposta inesistenti.
Frode fiscale e finti crediti tributari, maxi sequestro da 5 milioni di euro della Finanza
Tre i principali indagati: un professionista romano (individuato come deus ex machina del complesso sistema fraudolento), l’amministratore di fatto di una società di Piacenza e un terzo soggetto (entrambi di origine campana), tutti accusati di indebita compensazione e truffa aggravata ai danni dello Stato. A loro si aggiungono altre dieci persone, indagate in concorso, poiché collegate ad imprese con sede nel Lazio e in Campania, risultate essere tutte coinvolte in un articolato e ben strutturato meccanismo fraudolento capace di generare profitti.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori del Nucleo Pef (Polizia economico-finanziaria) di Piacenza, il meccanismo fraudolento si basava sulla creazione artificiosa di crediti fiscali riconducibili a presunti canoni di locazione o affitti d’azienda, mai realmente esistiti.
Questi crediti, in un breve arco temporale, venivano poi ceduti a catena a diverse società di comodo – come in una serie di matrioske, per sviare i sospetti da dove partisse il meccanismo – con l’obiettivo di dissimulare la natura illecita delle operazioni e rendere più complessa l’attività di tracciamento.
Alla fine della catena c’era una società piacentina – attiva su scala nazionale e assegnataria di appalti pubblici – che avrebbe utilizzato tali crediti per ridurre i propri debiti tributari, beneficiando di un indebito vantaggio fiscale pari a 1 milione e 150 mila euro. Nel complesso, i crediti d’imposta fasulli ammontano a 5,1 milioni di euro.
L’attività dei prestanome e i soldi dirottati all’estero
Le analisi dei flussi finanziari hanno evidenziato che le somme versate per simulare la cessione dei crediti venivano rapidamente trasferite a società controllate da prestanome, alcuni dei quali con precedenti penali specifici e riconducibili alla criminalità organizzata dei Casalesi.
Queste società, a loro volta, dirottavano i soldi verso paesi esteri – non collaborativi in materia di antiriciclaggio – tra i quali la Cina, rendendo difficile la tracciabilità dei movimenti di denaro.
In esecuzione del decreto di sequestro preventivo, le Fiamme Gialle hanno sottoposto a vincolo crediti d’imposta non ancora monetizzati, disponibilità finanziarie su conti correnti, una villa in Costa Smeralda (Arzachena, SS), quattro terreni e un garage nelle province di Latina e Avellino, per un valore complessivo di cinque milioni e cento mila euro, generando ingenti danni all’erario.

