Una lunga intervista, piena di racconti e ricordi, con parti felici ma anche drammatiche, quella rilasciata da Nino D’Angelo al Corriere della Sera. Il cantante napoletano, originario di San Pietro a Patierno, dove qualche mese fa hanno inaugurato un grande murales fatto da Jorit in suo onore, si è raccontato a 360 gradi.
Nell’intervista Nino D’Angelo ha spiegato anche i motivi per cui ha lasciato Napoli per trasferirsi a Roma. Fu minacciato dalla camorra, addirittura vennero esplosi colpi di pistola.
Nino D’Angelo racconta quando scappò da Napoli
Era il 1986. Quando il Napoli di Maradona stava per vincere il suo primo Scudetto e la città era in fermento, la camorra non aveva nemmeno pietà di un cantante tra i più noti a Napoli ed in Italia.
«Me ne sono andato perché hanno sparato due volte contro casa mia». «Proprio la camorra, volevano i soldi. Vedevano il successo. Telefonavano, minacciavano. La seconda volta, hanno sparato dentro casa, il proiettile è entrato nella stanza dove mio figlio Vincenzo dormiva nel lettino. Siamo scappati in un giorno. Un peccato, perché devo tutto alla città, i napoletani mi adorano: piace che uno di loro ce l’ha fatta senza aiuti», ha raccontato Nino D’Angelo.
Parlando del murales ha detto: «Mi è sembrata una cosa troppo grande. Mi sono chiesto: ma perché l’hanno fatto per me?» Ora ho trovato il quartiere come l’ho lasciato: uguale. Guardando la disperazione negli occhi delle persone mi sono messo a piangere e ho pensato che oggi sarei stato vecchio così, coi figli che vivono per sopravvivere. Mi è tornata la voglia di scrivere ed è nato il disco che esce il 15 ottobre».
Il rapporto con la moglie
A 21 anni si sposò con la donna che è ancora sua moglie e all’epoca di anni ne aveva 15: “Facemmo la fuitina. I genitori dicevano che eravamo piccoli per sposarci. Lo rifarei, abbiamo due figli intelligenti, bravi, Toni laureato, Vincenzo quasi. Sono 42 anni di matrimonio e quattro nipoti”. Poi un aneddoto su Miles Davis: “Onestamente, nel 1986 non lo conoscevo. Mi avvisò il mio bassista la mattina. Fa: “Hai visto che ha detto Miles Davis di te?”. Dico “ma chi è? Un nuovo giocatore del Napoli?”. Onestamente, questo Davis non lo conoscevo. Sentivo solo i cantanti napoletani. Forse, i Beatles avrei riconosciuto”. Infine, un ricordo, inevitabile di Maradona: “Parlava e palleggiava da una spalla all’altra. Destra, sinistra. Sinistra, destra. Palleggiava e faceva discorsi di un’umiltà esagerata”.