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mercoledì, Maggio 1, 2024
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Omicidio Sacchi, il papà: «Mio figlio in una trappola», Luca vivrà in altre persone ‘donati gli organi’

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«Mio figlio era stupendo, sempre col sorriso e con tanta voglia di vivere. Aveva moltissime passioni, tra cui prima d’ogni cosa lo sport, la palestra, le moto. Voglio che comprendiate la mia difficoltà a venire qui, mia moglie non ce l’ha fatta perchè è devastata. Io oggi per prendere coraggio ho indossato le mutande di Luca. Lui vedeva il mondo come buono, ma io gli dicevo di stare attento. Era un ragazzo pulito, l’ho sempre saputo. Non ho alcun dubbio su questo». Così Alfonso Sacchi, il papà di Luca, il 24enne ucciso a Roma davanti un pub la notte del 23 ottobre scorso, durante una conferenza stampa ieri pomeriggio.

Un ragazzo buono. «Mio figlio era un figlio stupendo – prosegue nella sala conferenze dell’Appia Park Hotel – sempre col sorriso, pronto allo scherzo. ‘Oh pà, facciamo questo, facciamo quest’altrò mi diceva. Aveva tanta voglia di vivere, lo sport era nel suo sangue fin da piccolo. Il calcio, la palestra, le moto: questo era mio figlio. Oggi ho indossato le sue mutande per prendere coraggio, porto con me i suoi occhiali da sole e dormo col suo pigiama. “Luca, dammi coraggiò gli ho detto”. Se c’era da aiutare qualcuno lo aiutava, perfino se vedeva un gattino in strada rientrava per prendergli qualcosa da mangiare. Era un ragazzo pulito, si vedeva anche dal viso»

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I soldi. «Luca vedeva tutti buoni, io gli dicevo di stare attento, di non fidarsi, di guadare anche il fratello più piccolo, Federico. Non so, cosa sia successo; forse si fidava troppo dell’altra gente. Ma era all’oscuro di tutto questo retroscena, d’altronde non aveva bisogno di soldi, io ho un ristorante e per qualsiasi sua necessità chiedeva a me e a sua madre. Mi fidavo ciecamente di Luca – aggiunge senza più riuscire a trattenere il pianto – Era ragazzo cristallino». «Era un bravo ragazzo e non aveva alcun bisogno di soldi. Io e sua madre gli abbiamo dato sempre tutto, tutto quello di cui aveva bisogno. I suoi amici, i pochi che aveva, anche loro erano tutti bravi ragazzi, tutta brava genete», ha detto il papà di Luca a chi gli domandava se il figlio avesse bisogno di soldi e se fosse a conoscenza del suo giro di amicizie..

Il “contatto”. Il contatto con i pusher, nell’ordinanza indicato come «conoscenza intima» di Luca Sacchi, è «un ragazzo che mio figlio conosceva: questa persona l’aveva rivista da 5 o 6 mesi, si conoscevano dai tempi del liceo». Ha continuato Alfonso Sacchi.

L’ultima sera. «La sera tutti i giorni io alle sette, sette e dieci al massimo, esco per andare in ristorante. Quella sera Luca mi disse ‘Pa mi devi fare un’ altra puntura di antidolorificò. Gli serviva per un acciacco che aveva preso in palestra. Quando ho fatto mi ha detto ‘grazie pa, non ho sentito niente questa voltà, poi mi ha dato un bacio e mi ha detto ‘ti voglio benè. ‘ti voglio bene anche iò ho risposto. Quella è l’ultima volta che l’ho visto».

Su Anastasia. «Luca era sincero, mi chiedeva qualsiasi cosa. Di Anastasia gli dissi che se lui le voleva bene allora per noi era una nostra figlia». Così Alfonso Sacchi racconta ai giornalisti il rapporto con la fidanzata del ragazzo, la 25enne ucraina. «Per me Anastasia era una brava ragazza, ma poi un genitore cosa può fare? Spero che sia pulita e sincera, perché al dolore si aggiungerebbe altro dolore. Se poi recitasse così bene, allora, sarebbe la regina di Hollywood». Alla domanda se fosse a conoscenza di eventuali problemi economici della giovane, tali da spingere a commettere sciocchezze, il padre di Luca risponde: Anastasia faceva la baby sitter per i figli dei titoli del ristorante dove lavorava anche come cameriera. Dunque no, non credo avesse difficoltà. La sera della tragedia è venuta a casa, l’ho abbracciata. La notte ha dormito da noi, per starci vicino. Poi abbiamo avuto solo contatti telefonici, non si è più vista. Abbiamo pianto come una famiglia. Spero sia pulita».

Gli amici. «Gli amici che frequentava Luca sembravano brava gente. Tutti di vecchia data, come Nicolas suo amico fraterno che ora è in Spagna, è venuto da noi appena ha saputo la notizia ed è svenuto. Poi pochi altri e tutti per bene. Ultimamente si era aggiunto questo Giovanni (Princi, ndr) con cui andava in moto. Con lui ha frequentato il liceo classico, poi come spesso succede si erano persi di vista. Aveva ripreso a frequentarlo da 5/6 mesi per la comune passione delle moto. Me ne aveva anche parlato», dice Alfonso Sacchi rispondendo a una domanda su possibili frequentazioni «sbagliate» del figlio. «Sui ragazzi con cui usciva più di tanto non indagavo – continua – mi fidavo. Dopo la morte di Luca ho abbracciato tutti, c’erano i suoi amici si ma non so chi di preciso. Avevo la nebbia in testa, pensavo solo a mio figlio. No, a casa Giovanni (ancora Princi, ndr) non si è mai visto».

L’avvocato della famiglia Sacchi. «Con Anastasia si sono persi i contatti, che non significa che si sono interrotti. Anastasia si è allontanata da loro, ma si sono sentiti al telefono». Così l’avvocata Armida Decina, una delle legali della famiglia Sacchi, rispondendo ai cronisti .«Anastasia – ha aggiunto l’avvocato – ha raccontato alla famiglia quello che ha raccontato ai carabinieri accorsi sul posto quella sera. E cioè che è stata aggredita con una mazza dietro al collo e ha perso i sensi, Luca sarebbe intervenuto fino al tragico finale. È quello che ha raccontato a tutti e anche a noi».

Donati tutti gli organi. «Luca voleva fare bene al prossimo per questo con la sua morte abbiamo deciso di donare tutti gli organi, tranne il cuore perchè il primario ci ha detto che aveva i ventricolo troppo grossi perchè era un atleta, non un drogato o uno che gira con le pistole porca t…..».

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